sabato 15 settembre 2007

Pino Puglisi a 14 anni dall'omicidio


LA REPUBBLICA PALERMO - SABATO, 15 SETTEMBRE 2007

Pagina I

L´ANALISI

Il metodo padre Puglisi una rivoluzione tradita
FRANCESCO PALAZZO





Molti palermitani che pure conoscono bene i fatti riguardanti la vita e la morte di padre Puglisi, si interrogano ancora sulle vere motivazioni dell´omicidio, del quale oggi ricorre il quattordicesimo anniversario. Le risposte, dopo la chiusura dei processi a carico di mandanti ed esecutori, possono apparire scontate. Il parroco di Brancaccio è morto perché faceva antimafia. Questo il primo, ovvio, responso. Se però si pensa che all´epoca dei fatti, nei primi anni Novanta, altri preti in maniera più eclatante svolgevano pubbliche azioni antimafiose, si può dedurre che la prima motivazione non spiega molto. Si può aggiungere che don Pino toglieva i bambini dalla strada. Ma, anche in questo caso, parliamo di un´attività che le parrocchie svolgono da sempre. La mafia ha poco da temerne, considerata la circostanza che moltissimi mafiosi sono frequentatori abituali di sacrestie. Un aspetto che invece apparirebbe più circostanziato è quello che porta al sospetto, infondato, che i mafiosi avrebbero avuto circa l´infiltrazione di investigatori nel Centro Padre Nostro, fondato dal sacerdote nel gennaio 1993 e già operante dal 1991. Tuttavia, visto che il potere mafioso riesce spesso a svelare questi movimenti, soprattutto in quartieri periferici dove tutti si conoscono, è davvero improbabile che Cosa nostra non sia venuta a capo dell´inesistente pericolo prima di premere il grilletto. Ma di padre Puglisi, certamente, la cosca mafiosa operante a Brancaccio aveva di che temere. Per come può leggerla uno come me, che è nato e vissuto nel rione, Puglisi mette in campo a Brancaccio, e porta sino in fondo, qualcosa che il quartiere aveva cominciato a conoscere attraverso l´esperienza di Rosario Giuè. Che lo aveva preceduto come parroco dal 1985 al 1989. Si tratta di un doppio percorso, pastorale e sociale. Un messaggio cristiano pulito, vissuto lontano dai palazzi del potere, frequentati casomai solo per chiedere diritti e non per officiare i riti dei potenti. Nei tre anni che Pino Puglisi sta a Brancaccio, dall´ottobre del 1990 al settembre 1993, il tratto che più colpisce è la povertà di mezzi. Non ci sono soldi eppure si mette su un centro d´accoglienza. E lo si fa non per dare i classici pacchi di pasta, che chissà quanto costano alle casse pubbliche, ma per dire a un quartiere intero che un´altra strada era possibile. Lontano dalla mafia e da coloro che politicamente e socialmente la coprono, anche se nelle ricorrenze si vestono strumentalmente d´antimafia. Ed era percorribile quella strada contando sull´apporto di alcune semplici suore poste alla guida del centro, che sposano subito la semplicità francescana e la gratuità che don Pino stava dando a tutta la sua esperienza. A cominciare da quella più prettamente presbiteriale e parrocchiale. Piena anch´essa di fede genuina, preparazione teologica, spessore cristiano. E non solo. Puglisi si avvicina al territorio politicamente. Non legandosi a cordate partitiche per fare carriera o trovare un posto al sole, ma valorizzando ciò che nel vivo del territorio nasceva, cioè il comitato intercondominiale Hazon. Formato da un gruppo di cittadini che chiedevano diritti elementari e non erano disposti a modificarli in favori, da ricevere su un piatto d´argento in cambio d´appoggi elettorali. Lo ricordo, da capogruppo dell´opposizione in quello che allora era il consiglio di quartiere, fermo e risoluto alla testa di quel gruppo di persone. Ecco la rivoluzione della normalità, della semplicità, della coerenza, della sobrietà, tentata in quel quartiere. Ecco gli ambiti da indagare se si vuole comprendere, al di là dei processi, perché don Pino è stato fatto fuori. Ciò serve più per affrontare l´oggi che per darsi ragione del passato. Di una chiesa di questo tipo sentiamo fortemente il bisogno. Di comunità cristiane siffatte necessitano sia le borgate periferiche sia le zone centrali. Il resto, tutto il resto, rischia di rivelarsi acqua fresca. A 14 anni dalla sua morte dobbiamo purtroppo rilevare che la dimensione, sociale e pastorale insieme, del piccolo prete di Brancaccio si è come sbiadita. Forse persa del tutto.

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