venerdì 8 febbraio 2008

Le omelie del Cardinale Pappalardo rivolte a Palermo


LA REPUBBLICA PALERMO - VENERDÌ 08 FEBBRAIO 2008

Pagina XI
Le denunce di Pappalardo

La mafia: Il vescovo di "Sagunto" ha fatto sentire spesso la sua voce per denunciare i boss
La politica: Tante accuse per carenze e ritardi ma anche attenzione per i segnali di svolta
FRANCESCO PALAZZO





"Un vescovo, Palermo e S. Rosalia". È il titolo scelto dall´Arcidiocesi di Palermo per la raccolta delle omelie rivolte alla città fuori dal tempio, dal 1976 al 1996, dal cardinale Salvatore Pappalardo, morto nel dicembre del 2006. Le occasioni sono quelle delle festività di luglio e settembre dedicate alla santa e gli appuntamenti, il primo gennaio e per il Festino, con l´amministrazione cittadina. Il primo giorno del 1976, a Palazzo delle Aquile, l´arcivescovo sferza la politica palermitana. «Sarei venuto più volentieri se avessi trovato un´amministrazione che, risolti i suoi ricorrenti problemi, si presentasse in un momento di intensa applicazione ai gravi compiti che le spettano». Pappalardo è passato alla storia per l´omelia di Sagunto, pronunciata durante i funerali di Dalla Chiesa. Ma leggendo questa antologia, si vede come sempre ha denunciato la presenza mafiosa. Lo fa, ad esempio, da piazza Marina il 15 luglio del 1978. «In questa città si commettono, da soggetti che spesso restano impuniti, tante prepotenze riconducibili al modello mafioso, tanta paura di ritorsioni e vendette, tanta omertà». L´attenzione alle dinamiche politiche è informata, mai sommaria. Nella stessa omelia la constatazione che «c´è un governo regionale che vuole operare efficacemente; gli auguriamo di portare avanti concreti e coraggiosi programmi». Non sfugge al presule che alla guida del governo regionale c´è Piersanti Mattarella. Parlando della città il cardinale indica problemi specifici: il risanamento del centro storico, tema spesso ripreso, la disoccupazione, la carenza di case, i poveri. Il 9 maggio del 1980, alla vigilia delle amministrative, invia una lettera ai candidati. Soffermandosi su circostanziate questioni: l´edilizia urbana, le infrastrutture, i pubblici servizi, la scuola, i problemi giovanili e la pubblica amministrazione. Il 15 luglio dello stesso anno, da piazza Tredici Vittime, sottolinea che «la nostra città, la città di Rosalia, si è, purtroppo, distinta per tanti delitti, assassini politici, mafiosi o di entrambi i tipi». Sono trascorsi pochi mesi dagli omicidi Mattarella e Basile. Il 15 luglio del 1981 torna sulla città, che può risorgere «eliminando una strana caratteristica: riuscire a rendere complicate anche le cose che dovrebbero essere, ed altrove sono, facili». Il 15 luglio del 1983, da piazza Marina, un´analisi economica. «Salvezza di Palermo non possono essere i facili guadagni disgiunti da vera attività produttiva; se Palermo consuma tre volte più di quanto riesce a produrre, voi comprenderete che questa non è una situazione di sanità economica e morale». Il 15 luglio del 1985 una nuova strigliata agli amministratori: «La gestione commissariale (a Palermo si erano succeduti, dal dicembre 1984, i due commissari Scialabba e Vitocolonna) ha fatto vedere a tutti che a Palermo si possono affrontare i problemi, dimostri ora la stessa cosa la nuova amministrazione comunale». Comincia la stagione di Leoluca Orlando. E da piazza Marina, il 15 luglio 1986, giunge un apprezzamento per il nuovo corso. Il 1° gennaio del 1987, da Palazzo delle Aquile, una previsione di quella che poi sarà la stagione dei sindaci degli anni Novanta. «Anche le leggi stanno dando ai comuni piena responsabilità non sono più lo Stato o la Regione che ci devono pensare. Un cambio di mentalità si richiede alle amministrazioni comunali, che devono farsi più coraggiose». Nelle omelie c´è un costante richiamo per tutti a fare il proprio dovere. Dopo le elezioni del 1990 una lettera agli eletti, dove afferma che «un´amministrazione spedita, un meccanismo di decisioni pubbliche non influenzato da interessi oscuri, una forte creatività locale, sono risorse altrettanto importanti contro la mafia quanto le pur fondamentali esigenze di repressione e di giustizia». C´è anche la conoscenza di specifiche vertenze. Il 15 luglio 1990, da piazza Marina, parla dei Cantieri navali e della Keller, dove si temono licenziamenti. Il 13 luglio del 1991 dal palazzo di città un rimprovero esplicito, per «far sì che entro tempi brevi, e senza le remore che gli interessi di parte troppo spesso hanno comportato, si portino a compimento, nella legalità e nell´efficienza, i punti nei quali Palermo deve realizzare irrinunciabili progressi». Il 4 settembre da Monte Pellegrino ricorda Libero Grassi. Il 13 luglio del 1993 nuovamente sulle difficoltà comunali. «Questa celebrazione si verifica, ancora una volta, in un momento in cui la vita del comune naviga in acque talora burrascose». È del 1° gennaio del 1996 l´ultima omelia di Pappalardo contenuta nel volume, dopo ventisei anni lascerà la diocesi. Torna sulla mafia. «Iniziamo il nuovo anno desiderando che si convertano quanti impegnati nelle nefaste attività dell´illegalità, della corruzione e della criminalità». Dalla lettura del volume emerge un Pappalardo inedito, attento osservatore e fine politico, forse sconosciuto ai più. Un vescovo che è stato capace di andare al di là di Sagunto.

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