sabato 22 marzo 2008

I VOLI DELLA POLITICA SICILIANA

CENTONOVE
21 3 2008
Pag. 2
SE LA POLITICA VOLA VIA
Francesco Palazzo




Una volta si diceva che il miglior medico per i malati siciliani di una certa gravità era l’aereo. Salirci su, verso traguardi terapeutici più efficaci, significava avere più speranze di guarigione. Non sappiamo se sia ancora così. Certamente questo è un rimedio ancora praticato, molto più che in passato, dalla politica siciliana d’ogni colore. Si prende l’aeroplano e si va nella capitale per capire chi devono essere i candidati alla presidenza della regione. Si passa dal check-in per farsi dettare le liste dei candidati per camera e senato. Ovviamente ciò serve poi, appena scesa la scaletta dell’aeromobile che riporta in “patria”, per dire che “sono stati loro”, “noi non c’entriamo niente”, “io gliel’avevo detto”, “era un errore”. E via scusandosi. Eppure concetti come autonomismo e partito federale sono utilizzati a piene mani, ma solo nei periodi in cui non c’è niente d’importante da decidere. Quando il momento si fa topico, si stacca il biglietto e si torna tra le nuvole verso la città eterna. E’ vero, di tanto in tanto, qualcuno giunge da Roma per portare il nuovo verbo. In questi casi tripudi di bandiere, gazebo, ovazioni e quant’altro si sprecano. Una volta è l’unità quella che conta, la volta successiva è l’andare da soli il nocciolo della questione. Prima si fa passare come vitale la scelta di non entrare in un partito più grande, dopo qualche mese contrordine, avevamo scherzato. Qui va bene l’una e l’altra cosa, il più e il meno, il bianco e il nero. Franza o Spagna, basta che se magna. Certo, questo modo ottocentesco di intendere la politica, grosso modo, varrà pure per le altre realtà regionali. Ma ci vuol poco a capire che in Sicilia, al di là del dato geografico, c’è un qualcosa in più che si aggiunge al quadro. Perché è da decenni che da noi non vengono fuori, dalla società più diffusa e dai partiti, persone in grado di porre qualcosa di particolare, di nuovo, di appena interessante, nell’agenda politica del paese in maniera duratura. In modo che qualcuno, da Roma, possa anche venire per apprendere. E quando in un passato, anche recente, è capitato, non è durato molto. Molto presto il centralismo, i personalismi, le incertezze, il clientelismo più sfrenato, hanno finito per prevalere su tutto, lasciando spesso il deserto. Tuttavia, è meglio comunque provarci, che stare sempre ad aspettare il momento dell’imbarco verso il continente, come gli studenti il suono liberatorio della campanella. Ma oggi non ci si prova più. Gli uomini e le donne siciliani che vivono di partiti e di politica passano, più che in Sicilia, molto del loro tempo nelle aerostazioni. E anche quando ottengono qualche incarico di un certo rilievo a livello nazionale, ciò non accade in forza di elaborazioni politiche originali nate nell’isola, ma in quanto sono riusciti ad attaccarsi a catene di comando che tengono altrove, ben lontano dalla Sicilia, l’anello attaccato al muro che tiene tutto in piedi. Dobbiamo anche rilevare che pure le esperienze che nascono inizialmente fuori dai partiti, sul territorio, finiscano per sciogliersi tra un volo e un altro. O tra una candidatura al senato e una alla camera. Volare, quindi, canterebbe il grande Modugno, come contrassegno e marchio di una politica isolana che solo così riesce a staccarsi da terra, dalla monotonia, dalla mediocrità. Non importa se si faccia parte dello schieramento vincente, o che ci si sbatta per anni la testa sul muro di sconfitte ripetute e sempre più rovinose. E non si tratta di questa o quella legge elettorale che riserva ai partiti, e quindi alle centrali romane, più o meno influenza. No, è un modo d’essere, una disposizione dell’anima. Talvolta un modo, l’unico, per continuare ad esistere. Immaginate solo quanti decolli e atterraggi hanno dovuto sommare coloro i quali si trovano inseriti nei posti giusti nelle liste di camera e senato. Chissà quanti anni di voli occorrano per ottenere un sicuro scranno parlamentare. La cui conquista forse nasconde, più che la voglia di entrare nei luoghi principali del potere, la certezza che per cinque anni si potrà continuare a volare.

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