venerdì 4 luglio 2008

SICILIA: L'OPPOSIZIONE DISPERSA CHE SI ACCONTENTA

CENTONOVE
4 LUGLIO 2008
Pag. 55
CENTROSINISTRA E BALLOTTAGGI
di Francesco Palazzo

C’è una sorta di ciclicità, quasi un eterno ritorno direbbe il filosofo, nelle dinamiche del centrosinistra siciliano quando si tratta di reagire alle batoste elettorali. Lo schema è pressappoco il seguente: si perde alle amministrative e si spera nel secondo turno attendendosi chissà quale metamorfosi. Nei ballottaggi, com’è facile che capiti poiché spesso ci si trova di fronte ad alleanze locali anomale, che politicamente valgono poco a livello regionale, si vince in alcuni comuni. Come sabato e domenica scorsi. Ed ecco che subito si parla, da parte di esponenti di punta del Partito Democratico, di “segnali di ripresa” e di “orientamento che fa ben sperare”. Se andate a guardarvi le cronache giornalistiche delle elezioni passate, troverete lo stesso canovaccio. Cambiano gli interpreti, c’è qualche variazione nelle parole, ma nella sostanza il copione non cambia. Ma come si fa a parlare di ripresa in una regione che presenta un’opposizione ridotta ai minimi termini? Avremmo capito qualche sussulto speranzoso se il Partito Democratico e le formazioni politiche dell’ex Sinistra Arcobaleno avessero approntato una reazione, immediata nei proponimenti e a medio/lungo termine negli aspetti operativi, in qualche maniera visibile, palpabile. Ci saremmo accontentati, vista l’aria che tira, anche di un timido sussulto. Invece niente o quasi. Dei pezzi siciliani che hanno costituito la fallimentare e ormai chiusa esperienza della Sinistra Arcobaleno, non giungono notizie apprezzabili e in qualche modo commentabili. Del Partito Democratico abbiamo appreso, per la verità con più di qualche sorpresa, che per la sconfitta di metà giugno, otto province su otto e tre comuni capoluogo al centrodestra con percentuali umilianti, la colpa è di nessuno. Nel senso che, a partire dalla provincia più grande e finendo al più piccolo comune, nessuno ha sentito il bisogno di rimettere il mandato e di mettersi in discussione. Potevano essere piccoli segnali, certo non risolutivi, tuttavia indicativi di una qualche risposta in un momento davvero cupo. Al contrario, si tengono tenacemente tutte le posizioni personali. Se è il caso litigando senza ritegno. Come avvenuto al comune di Palermo la settimana scorsa attorno alla nomina del nuovo capogruppo. Si attende, pare, un chiarimento in ambito regionale che però è già stato rimandato. Mentre c’è chi ha pure parlato di un possibile commissariamento romano del partito siciliano. Che, da parte sua, sempre attraverso esponenti di punta, rimanda sostanzialmente la pratica al mittente. La colpa del tracollo sarebbe di Roma, perché in occasione delle politiche ha infarcito le due liste regionali per la camera di eletti provenienti da fuori regione. Motivazione che non riusciamo a comprendere. Si pensa davvero che con qualche eletto siciliano in più alla camera, si poteva evitare o contenere la scoppola delle amministrative? Semmai, se proprio vogliamo dirla tutta su quelle liste, ci sarebbe molto da obiettare su alcuni nomi siciliani piazzati in pole position. Ma quando si perde nel modo in cui è accaduto al centrosinistra siciliano, la cosa peggiore che si può fare è quella di accampare scusanti improbabili. Le motivazioni del tracollo sono molto più profonde. Bisogna vedere se si vuole capirle o se s’intende vivacchiare, amministrandolo da postazioni personalistiche, con quel venticinque per cento che è al momento la cifra elettorale dell’opposizione siciliana. Sembra, da quel che ne capiamo, che la strada sia quest’ultima. Che si unisce a un’evidente difficoltà di spiegarsi ciò che succede quando ci si conta alle urne. A tal proposito, basta registrare, a dimostrazione che il cliché post elettorale, come dicevamo all’inizio, è sempre il solito, la ben conosciuta analisi ripetuta dopo le sparute vittorie al secondo turno in alcuni comuni siciliani. Si afferma, ancora una volta, che nei ballottaggi “dove non c’è l’effetto di trascinamento delle liste, il voto è più libero da ogni condizionamento”. Il punto è che la robustezza di uno schieramento si misura proprio dalla forza di trascinamento delle liste. Che dicono tutto, o moltissimo, sul radicamento territoriale delle formazioni politiche. Recuperare quel consenso, invece che snobbarlo, ritenendolo voto non libero, è proprio il compito arduo, la montagna, che il centrosinistra in Sicilia ha davanti.

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