domenica 24 agosto 2008

Sicilia: politica con mani e piedi legati


LA REPUBBLICA PALERMO - SABATO 23 AGOSTO 2008
Pagina I
Le idee
Chi lega le mani e i piedi ai politici

FRANCESCO PALAZZO


Una delle frasi di commiato del questore Giuseppe Caruso, che lascia Palermo per Roma, sarebbe da incorniciare per come, in maniera sintetica, descrive la situazione politica siciliana. Commentando gli indubbi successi repressivi contro Cosa nostra degli ultimi tempi, nel riferirsi all´azione politico-amministrativa della maggior parte delle istituzioni rappresentative siciliane, afferma che «ci sono politici che hanno mani e piedi legati: devono avere più coraggio e agire in assoluta libertà». Chi lega la politica siciliana e le impedisce di fare per intero il proprio dovere? Si potrebbe facilmente rispondere che sono i legami con la mafia, visibili e meno palpabili, quelli che frenano, imbrigliano, ritardano, paralizzano molti uomini e donne, certi partiti o frange consistenti di determinate formazioni politiche, un buon numero di istituzioni e governi locali. E, in piccola parte, ciò corrisponde al vero. Ma c´è, e secondo noi è la porzione più consistente, una politica siciliana che ha le mani e i piedi legati, o vuole mostrare di averli, per trovare alibi all´inconsistenza amministrativa che la caratterizza, all´incapacità di governo che manifesta, alla scarsa progettualità politica che riesce a mettere in campo, in quest´ultimo caso, sia che governi sia che si trovi all´opposizione, per motivi più interni alla stessa azione politica e amministrativa. Abbiamo, in sostanza, sempre più l´impressione che l´azione politica, certo non di tutti ma della maggior parte degli eletti ai diversi livelli di governo nell´Isola, sia caratterizzata dall´incanalamento, a volte legittimo, spesso abbastanza ambiguo se non illegittimo, delle risorse pubbliche a vantaggio dei pochi che riescono ad afferrare il mantello di questo o quel potente. Che ha il potere di aprire e chiudere i cordoni della spesa, di conoscere la via per arrivare a un posto di lavoro foraggiato dal pubblico e non sempre essenziale alla collettività. Se questi sono i principali obiettivi della politica in Sicilia, vuol dire che il tempo per amministrare la cosa pubblica in maniera virtuosa e trasparente sarà sempre meno, il coraggio e la libertà auspicati dal questore latiteranno sempre più. Tutte le migliori energie mentali e fisiche verranno indirizzate a privilegiare, in termini di accesso ai santuari della spesa pubblica, la vera cosa che conta a certi livelli, il proprio pezzo di tribù politica, la propria corrente, la corte più o meno nutrita che gira intorno a questo o a quel deputato, consigliere provinciale, comunale o semplicemente circoscrizionale. Allora è normale apprendere, e dovrebbe invece creare scandalo, che questo o quel vertice della burocrazia regionale, sanitaria, comunale, provinciale è legato a questo o a quel potente. Ci chiediamo: se un alto dirigente dovrà rispondere del proprio operato a chi è in grado di salvaguardarne la carriera, avrà o no le mani e i piedi legati nell´attività amministrativa che dovrebbe svolgere a solo esclusivo vantaggio della collettività? E se il politico che lo garantisce, e può o meno rimuoverlo, non dovrà guardare all´efficacia e all´efficienza del suo operato, ma soltanto alla sua fedeltà alla casacca politica che indossa, avrà o no anch´egli mani e piedi legati? La risposta alle due domande è scontata. Il questore uscente ha individuato il nodo cruciale della vita pubblica siciliana: una politica e un´amministrazione dalle mani legate, non solo per il rapporto con la mafia, è la vera palla al piede della Sicilia. Come fare a sciogliere questi nodi tragici che legano tante mani e tanti piedi non è purtroppo all´ordine del giorno della stragrande maggioranza dei siciliani. I quali vogliono, è bene dirselo senza ipocrisie, che quelle mani e quei piedi rimangano legati. Ciò serve a rispondere meglio ai bisogni clientelari di un popolo che continua a non chiedere altro alla politica.

Turisti e mafia: lupare o libri?


LA REPUBBLICA PALERMO - DOMENICA 17 AGOSTO 2008

Pagina XVI
COPPOLE E FICHIDINDIA LA MAFIA PER I TURISTI
FRANCESCO PALAZZO


Passeggiando per Erice, ma accade anche in altri luoghi strategici del turismo siciliano, non ci si fa quasi caso. Tuttavia capita di distogliere lo sguardo dalle bellezze urbanistiche, artistiche e paesaggistiche e di notare che quasi tutti gli esercizi commerciali vendono una miriade di souvenir aventi come soggetto la mafia. Non sappiamo che mercato abbia tale merce, che presa possa avere sul viaggiatore americano, inglese o danese o sugli stessi italiani non siciliani. Difficilmente ci è capitato di vedere negozianti incartare questi ricordi "particolari" della Sicilia. Se ne trovano per tutti i gusti. Le statuette della mafiusa e del mafiusu, con l´immancabile lupara sotto il braccio, sono offerte in tutte le salse, pure dentro le classiche boccette di vetro, quelle che capovolte danno la romantica percezione della neve che scende a fiocchi. Sulle magliette, poi, si possono leggere scritte di tutti i tipi. Si va dal rinomato «non vedo, non sento e non parlo», alla frase «lupara, tecnologia sicula è», passando dagli immancabili «omu di panza sugnu» e «baciamo le mani». La donna sicula, in tale iconografia, è rappresentata con il seno grosso, baffuta, il sedere superdimensionato e il grembiule casalingo. L´uomo in divisa da combattimento con la coppola d´ordinanza. Alle spalle dei soggetti il ficodindia, simbolo eterno della Sicilia che non cambia. Tanto che, negli anni Cinquanta, uno storico fotocronista palermitano, constatando la propensione dei quotidiani a pubblicare foto di omicidi solo se sullo sfondo c´era un ficodindia, se ne portava sempre uno di cartapesta nel bagagliaio dell´auto, tirandolo fuori quando arrivava sulla scena del delitto.Anni lontani. Vicina rimane l´esigenza di vendere un´Isola fatta di immaginette, dove della mafia non sono fornite chiavi di lettura che possano far capire al turista di cosa si parla, ma soltanto visioni stereotipate. Le quali, più che mettere ironicamente alla berlina i mafiosi e quanti ci vanno appresso, imbalsamano un´istantanea sempre uguale a se stessa: il mafioso è solo chi spara, colui che si esprime in un certo modo vestendo determinati abiti, che si accompagna a una consorte fotocopia, brandendo il fucile a canne mozze da mattina a sera. Insomma, al visitatore si suggerisce che basta guardarsi dal fucile puntato in mezzo agli occhi e poi può andare tranquillo, la mafia non potrà più scorgerla in alcun luogo. Tale raffigurazione è impressa nell´oggettistica più varia. Troviamo il tamburello, il guantone, l´adesivo, l´apribottiglia e via seguendo. Si può ipotizzare che dietro tali proposte di acquisto non ci sia in fondo un vero interesse commerciale, ma proprio una predisposizione culturale degli stessi siciliani o della maggior parte di essi. A chi viene da fuori si vuole comunicare che la mafia non è quella cosa terribilmente seria, complessa, strutturale, non emergenziale che abbiamo imparato a conoscere meglio negli ultimi trent´anni. Ma un fatto di pura folkloristica violenza, che si può proporre negli scaffali tra un vaso di ceramica e una collanina di perle. Mentre argomento mentalmente queste idee, entro in una libreria e vedo l´opuscoletto di Augusto Cavadi (dell´editore trapanese Di Girolamo) "La mafia spiegata ai turisti", tradotto in sei lingue. Il senso dell´operazione è esattamente l´opposto. Quasi al prezzo di uno solo dei tanti ricordini che dicono niente sulla criminalità organizzata siciliana, si danno poche ma fondate informazioni sulla mafia e sull´antimafia. Souvenir inutili o un piccolo utile libretto. Due modi profondamente diversi per ricordarsi dell´Isola quando si tornerà a casa. I primi continueranno ad alimentare l´ignoranza, il secondo contribuirà a far capire un po´ di più la Sicilia e i siciliani.

venerdì 8 agosto 2008

La Palermo provinciale alla corte del sultano

LA REPUBBLICA PALERMO VENERDÌ 08 AGOSTO 2008
Pagina I
LA SANTUZZA SURCLASSATA
FRANCESCO PALAZZO

Dunque, il grande evento dell´estate palermitana è l´arrivo del sultano dell´Oman. Il carro di Santa Rosalia, appena festeggiata, è stato surclassato dallo sfarzo del panfilo reale. I palermitani, pratici come sono, alla Santuzza chiedono il grande miracolo, sapendo che difficilmente si verificherà. Ma al ricco monarca rivolgono più prosaiche e immediate istanze. Su tutte spiccano le richieste di lavoro. Eppure ci sono state recentemente le elezioni regionali. Evidentemente queste persone non hanno sostenuto i candidati giusti. Ve n´erano alcuni che sul mercato del lavoro in Sicilia contano, con tutto il rispetto, più di un sultano. C´era chi addirittura si aspettava che il re, come nelle fiabe che si raccontano ai bambini per farli addormentare la sera, non appena arrivato al porto si prodigasse a lanciare sulla folla banconote e regali. Non c´è solo l´ingenuità popolare. Pure il mondo del commercio ha sentito fortemente il richiamo del grande evento. Le cronache raccontano di molteplici doni giunti sino al porto e rispediti ai mittenti. C´è pure chi ci ha provato, invano, con gli ormai pericolosissimi cannoli. Tuttavia i titolari degli esercizi commerciali che vendono le marche più prestigiose si dicono contenti degli incassi di questi giorni. Lievitati sensibilmente per lo shopping delle centinaia di persone al seguito del sovrano omanita. Come se Palermo non fosse la quinta città di uno dei Paesi più industrializzati al mondo, dove l´economia non dovrebbe attendere lo zio d´America (in questo caso d´Arabia), ma uno dei più poveri centri abitati del Corno d´Africa. Deve essere davvero grave la situazione economica a Palermo, se anche in pieno periodo di sconti il commercio delle vie centrali si trova ad aspettare con trepidazione e speranza, a quanto pare ripagate, gli acquisti generosi dei ricchi arabi. Che dire poi dei politici che rappresentano le pubbliche istituzioni? Anche loro attendono e auspicano omaggi in favore della Sicilia. Ci si spinge a chiedere cavalli di razza bianca che servirebbero a ripopolare l´istituto ippico regionale. Ma la Regione non ha i soldi per comprarli, questi cavalli, se sono davvero utili? O deve attendere il grande benefattore? Insomma, da qualsiasi parte si guardi la cosa, i diversi ambienti della nostra città, quello popolare, quello commerciale e quello politico-istituzionale, stanno facendo a gara per dare un´immagine davvero provinciale della nostra terra. Come se fossimo, appunto, l´ultima provincia del mondo e non un luogo che per storia, tradizioni, cultura e, perché no, democrazia vale molto di più di un panfilo, pur megagalattico, e di un certo numero di lussuose automobili messe in bella mostra ai suoi piedi. Ma tant´è. Questo passa il convento. E se non c´è di meglio in città, va bene pure divertirsi come un tempo. Quando le giostre e i venditori ambulanti soggiornavano per giorni nei paesi dell´interno durante le feste patronali. In quei momenti si poteva vivere diversamente, immaginando una realtà meno grama di quella quotidiana. Una volta, a Palermo, in questo periodo si poteva apprezzare la programmazione estiva messa su dalle istituzioni pubbliche, Comune in testa. Oggi non rimane che guardare da lontano, dietro le transenne, come tanti improvvisati mendicanti, il lusso esagerato che una democrazia non può e non deve permettersi. Quando il monarca sarà lontano, l´ultimo pezzo d´estate palermitano scivolerà via nella consueta routine. Dopo che il panfilo salperà assieme al sovrano e alla sua corte, non ci rimarrà che scegliere, questa volta non dietro le transenne ma in diretta, tra il cantiere delle case popolari in costruzione occupato allo Zen e la cattedrale che rischia di cadere a pezzi.

lunedì 4 agosto 2008

Palermo: ZTL, Londra, Cavour e Garibaldi


LA REPUBBLICA PALERMO - SABATO 02 AGOSTO 2008

Pagina I
La polemica
Il tramonto delle Ztl, la politica indecente
FRANCESCO PALAZZO


I cartoncini delle Ztl, ormai teoricamente inutili dopo la sentenza del Tar ma ancora in grado di tornare fondamentali a seguito del pronunciamento settembrino del Cga, non sono spariti dalle auto dei palermitani. Molti li tengono ancora incollati sui parabrezza, ben protetti nel loro involucro di plastica, come se niente fosse accaduto. Forse sono i più saggi. Qualcosa ci dice che la storia non si è ancora chiusa. Altri hanno preferito una sistemazione più sobria, meno vistosa ma sempre attendista, e li hanno spostati nel vano portaoggetti, dentro l´involucro che contiene libretto e documenti assicurativi. Quelli più ansiosi li hanno sistemati nel risvolto interno del parasole, lato autista, più a portata di mano per ogni evenienza operativa. A occhio e croce, coloro che hanno fatto abbandonare le macchine ai preziosi tagliandi di un tempo recente non dovrebbero essere molti. Il siciliano ormai sa che niente è più eterno dell´incerto e del momentaneo, anche quando è messo in discussione o cancellato dall´autorità costituita. Anzi, forse è proprio in quel momento che comincia a vivere vita vera. Nel frattempo il comune annuncia rimborsi e c´è pure un sito (www.rimborsoztl.com) dove gratuitamente vengono fornite indicazioni per rientrare in possesso dei soldi spesi per il mitico cartoncino.Chi non si pone nessun problema è quella fascia, non vasta ma rappresentativa, di palermitani automuniti che non si è fatta travolgere dalla frenesia del mettersi a posto e non è incappata nelle insostenibili code che ancora ricordiamo. Questi hanno atteso la sentenza del Tar e per qualche settimana, dopo la fine (chissà) della storia, hanno preso bonariamente in giro amici, conoscenti, colleghi e familiari che non avevano saputo resistere alla tentazione di dotare il proprio bolide dell´ultimo ritrovato in grado di farlo transitare più fiero e sicuro di sé. Ironia a parte, questa delle Ztl può sembrare una cosa seria se guardiamo soltanto il nostro brodo di coltura, che dovrebbe essere quello di una delle più grandi città italiane e invece, nella sostanza, è talmente provinciale da non fare più notizia oltre lo Stretto. Te ne accorgi quando varchi i confini nazionali per immergerti nel clima di una grande capitale europea come Londra. Per una settimana vedi una città sterminata piena di autobus che passano ogni tre minuti, un fiume di taxi, tanta gente in bici e pochissime auto private. Ti chiedi: sono cose dell´altro mondo o si potrebbero fare anche da noi? E pensi anche che lì, dal punto di vista amministrativo, poco importa se siano i laburisti o i conservatori a governare. A quelle latitudini la cosa pubblica è sganciata dagli interessi delle tribù, dalle correnti politiche fameliche, dagli appetiti personali smodati e dagli interessi privati, palesi e occulti, che girano intorno alla spesa pubblica. Ripiombati a Palermo, ci pare che nulla sia cambiato dal 20 giugno scorso. Quando leggevamo la notizia della protesta di un sindacato. Denunciava che i mezzi dell´Amat circolanti erano passati da 330 a 230. Piuttosto, in un ambito più generale ma fortemente significativo, si aggiunge un altro tassello. Solo dopo un estenuante braccio di ferro, il bilancio del Comune ha passato il vaglio della consistente maggioranza politica che governa Palazzo delle Aquile. Le diverse anime che la compongono non trovavano l´accordo perfetto sui posti da spartirsi. Dalla giunta provinciale a quella comunale, sino ad arrivare alle società partecipate. Forse, più che le Ztl, da noi ci volevano e ci vorrebbero le Zpd: zone a politica decente. Ma siccome siamo furbi, per parlar d´altro, ce la prendiamo con Garibaldi e Cavour. Pensavamo da tempo che i mandanti occulti della brutta politica siciliana fossero notissimi insospettabili.