venerdì 23 settembre 2011

Elezioni a Palermo, si decidano i percorsi e si discuta della città.

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Cultuta, Economia
23 settembre 2011
Quel responso tradito (e l'altro che viene chiesto agli elettori)
Francesco Palazzo

L'apertura al PD del terzo polo in vista delle amministrative del 2012, seppure avvenuta dopo tanti tira e molla, e ammesso che non vi siano marce indietro, a cui siamo ormai abituati, costituisce un fatto nuovo. Rispetto al quale le altre forze politiche del centrosinistra dovrebbero confrontarsi. IDV e SEL hanno già detto che non se ne può fare niente e si riferiscono soprattutto a Palermo. Tuttavia, la Sicilia non è solo Palermo, la prossima primavera si voterà in tanti altri enti locali. E' chiaro che comunque, quanto avverrà nel capoluogo, finirà per influenzare tutte le decisioni che verranno prese negli altri centri. C'è da dire che questo accordo a livello regionale, da spalmare come la marmellata su tutto il territorio siciliano, sconta tutti i limiti del centralismo. Bisognerà vedere, caso per caso, cosa ne pensano e quali sintonie troveranno le classi dirigenti locali. Perché altrimenti si rischia di imporre ovunque un modello che può andare bene per una città e meno per un'altra. Prima di dire si o no, occorre dunque discutere. Sono comprensibili le titubanze di vendoliani e dipietristi. La vicenda regionale, per come si è sviluppata, e per le fortissime ambiguità che ancora presenta, vedi l'ultima infuocata direzione regionale del PD sull'argomento, non è certo un buon viatico per un confronto sereno. Dobbiamo ricordare che la (giusta) critica che si è rivolta a questa esperienza è quella di non essere nata dalle urne. Passaggio fondamentale in democrazia. Da una parte il PDL, che aveva sostenuto Lombardo contro il PD e la propria candidata, e dall'altra IDV e SEL, che si erano spesi con i propri voti per la Finocchiaro contro Lombardo, hanno sempre sostenuto il tradimento del risultato uscito dalle urne nel 2008. C'è poco da aggiungere. Ora che, però, questa alleanza chiede, tra pochi mesi, il riscontro delle urne, cade la motivazione principale e dovrebbe subentrare il ragionamento politico, non pregiudiziale o ideologico. IDV e SEL, sono così sicuri che, ad esempio su Palermo, non si possa proprio discutere con autonomisti, casiniani e finiani? Può essere che abbiano ragione. Ma come fanno a dirlo prima ancora di avere verificato un qualsiasi abboccamento e organizzato un serio tavolo di discussione e confronto sul futuro della città? Occorre, prima di qualsiasi discorso, capire se davvero MPA, UDC e FLI, sono disponibili, e in quali tempi, alle primarie, che ci auguriamo più aperte e partecipate possibili. Metodo di scelta irrinunciabile per il PD, IDV e SEL. Da questo punto di vista, non sembra fuori luogo l'esortazione di Vladimiro Crisafulli ad individuare una data per le primarie, altrimenti, afferma il senatore “ci troveremmo di fronte alla solita manfrina”. Non gli si può dare torto. Peraltro, una data per le primarie, metterebbe un po' tutti di fronte a qualcosa di ineludibile e non spostabile nel tempo. Poi IDV, SEL, sinistre e movimenti vari potrebbero sempre mantenere il punto e differenziarsi da questa prospettiva, organizzando, se vorranno, la conta ai gazebo in maniera autonoma. Del resto, avrebbero dovuto farlo già il 27 febbraio scorso. Non cascherebbe il mondo. Si arriverebbe comunque ad avere delle coordinate certe nel tempo e nello spazio, sperando che nello stesso tempo anche il centrodestra arrivi a chiarirsi sui nomi e sul percorso. Magari celebrando anch'esso le primarie lo stesso giorno in cui lo farà l'altro schieramento, come si ventila. In modo che si possa, finalmente, cominciare a parlare di Palermo. Che è la grande e sofferente assente, eppure dovrebbe essere la protagonista, da questo dibattito, sinora svoltosi soltanto sui sui nomi che vanno e vengono e sulle alleanze. Che i cittadini, elettori ed elettrici, possano iniziare a capire, con poche e semplici parole, evitando inutili enciclopedie, cosa li attende nella prossima legislatura, per quanto riguarda immondizia, periferie, viabilità, servizi, stato sociale e via discorrendo, non sarebbe male. In fondo, la politica, se non ricordiamo male, serve proprio a questo. Dare risposte, più o meno immediate, ai problemi delle comunità.

domenica 18 settembre 2011

Antimafia: le verità sepolte e le giovani generazioni.

LA REPUBBLICA PALERMO – DOMENICA 18 SETTEMBRE 2011
Pagina XII
LE PAGINE BUIE DELL´ANTIMAFIA
Francesco Palazzo

Dalla mafia che spara abbiamo imparato negli ultimi decenni a difenderci. Dalla politica che la fa ingrassare, attraverso voti richiesti in cambio di favori e appalti pubblici, grazie al lavoro delle forze dell'ordine e della magistratura, quasi mai dei partiti, possiamo prendere le distanze con il voto e comunque siamo in grado di capire personaggi e comportamenti. Anche quando non c´è un pronunciamento dei giudici. Ma come si fa a cautelarsi di fronte agli sviamenti provenienti dagli stessi apparati statali che dovrebbero indagare, sanzionare e valutare per tutti noi? Quando si fa educazione alla legalità nelle scuole, e si dice ai ragazzi che devono combattere i mafiosi nella quotidianità e non possono svendere il loro voto, una volta adulti, si dovrebbe aggiungere un altro capitolo. Dicendo loro di non fidarsi troppo, almeno non sempre, delle azioni di chi la mafia è preposto a combatterla con investigazioni e sentenze. Di quanto sta avvenendo, da tempo, intorno alla strage di via D´Amelio è difficile trovare una definizione che possa descrivere lo sconforto. Si dirà che non è la prima volta che accade. Per citare solo due casi, distanti tra loro nel tempo, avvenne qualcosa di simile per la strage di Portella della Ginestra e per l´omicidio a Cinisi di Peppino Impastato. Ma la cosa più scoraggiante è che mai al pozzo della verità si viene condotti dagli uomini delle istituzioni che si fossero resi colpevoli e che poi maturino un ripensamento pubblico sul loro operato. Prendete, appunto, la strage in cui morirono il giudice Borsellino e la sua scorta. Undici processi, sentenze passate in giudicato e sette persone in carcere. La Procura di Caltanissetta lo definisce, pare con carte molto robuste alla mano, un colossale depistaggio e chiede la revisione dei procedimenti. Vedremo il seguito della vicenda. Il punto è che a farci da guida, novello Virgilio, non sono gli apparati istituzionali, ma un collaboratore di giustizia. Forse che ci sia più moralità in un mafioso che torna sui suoi passi criminali, prendendo un´altra strada, che in soggetti che teoricamente, vestendo gli abiti della democrazia repubblicana, dovrebbero essere più inclini ai sensi di colpa che ai tombali ed eterni silenzi? E qui le cose si fanno ancora, se è possibile, più oscure e sconcertanti. È lecito chiedersi, infatti, se depistaggi di questo tipo, beninteso, ci furono, se si possano essere fermati soltanto a livello operativo, locale, e non abbiano avuto coperture politiche ad alto livello? Un punto di domanda che riguarda tanti capitoli dolorosi e che forse non conoscerà mai la luce del sole. Troppi «non ricordo», memorie che riaffiorano dopo decenni, mezze frasi, ambiguità da parte di soggetti che hanno rivestito (ancora rivestono?) ruoli importanti nello scacchiere politico del nostro Paese. Quest´oblio istituzionale della memoria riguarda, soprattutto, la famosa trattativa, o le trattative, tra Cosa nostra e pezzi dello Stato. Questi accordi inconfessabili, proprio per la reticenza del secondo soggetto, lo Stato, a collaborare, mentre i mafiosi, se cambiano vita, lo fanno, difficilmente potranno essere dimostrati una volta per tutte. Possono esserci alcuni indizi, tuttavia. Ad esempio: se per caso fosse vero che su via D´Amelio vi fu ammoina, e il garantismo ci impone di aspettare i nuovi eventuali gradi di giudizio, sarebbe sbagliato ipotizzare che ci troveremmo di fronte a una tessera, non secondaria, dell'entente cordiale tra cosche e Stato? È un dettaglio rispondere al quesito? Pensiamo di no. Ulteriori risposte, su altre pagine buie, dobbiamo darle alle giovani generazioni. Altrimenti, con questi pesanti scheletri nell'armadio, sarà meglio che per un po' non parliamo loro di antimafia.

domenica 11 settembre 2011

E se provassimo a essere molto meno speciali e un po' più normali?

LA REPUBBLICA PALERMO - DOMENICA 11 SETTEMBRE 2011
Pagina I
L´analisi
La democrazia bloccata dallo Statuto
Francesco Palazzo

La visita del presidente della Repubblica a Palermo ha evidenziato, con coro di voci unanimi, l´occasione perduta dell´autonomismo regionale e la necessità di una sua futura attuazione per garantire sviluppo alla Sicilia. Non è la prima occasione solenne, anzi è l´ennesima, in cui si ascoltano simili parole. Ogni volta è un piagnisteo irrefrenabile e, francamente, non più sostenibile. Interpretato, in primo luogo, dai massimi rappresentati pro tempore della politica siciliana e dai siciliani che siedono nei due rami del parlamento. Mai che qualcuno di loro, fosse ministro, presidente di commissione parlamentare, presidente dell´Ars o governatore, ci dicesse dove è stato sino a questo momento e cosa ha fatto lui affinché lo statuto non fosse soltanto un pezzo di carta stropicciato, dentro il quale nascondere le incapacità della classe dirigente locale e di chi, di volta in volta, l´ha votata. Mai che ci fosse un´assunzione di responsabilità circoscritta, un mea culpa specifico e soggettivo, quanto meno riguardante il partito che si rappresenta. L´autonomia non ha funzionato e la colpa è di nessuno, perché pare sia di tutti e quindi la prossima volta, in occasione di un altro evento ai massimi livelli, risentiremo le stesse stanche e abusate frasi buttate al vento. L´altra teoria di parole che ci tocca ascoltare è che per far funzionare il regime autonomistico ci volevano, e ci vorrebbero, le riforme. L´unica vera riforma, adatta non a far funzionare un assetto istituzionale speciale, ma la normale democrazia rappresentativa e decidente, coincide con il «correggere profondamente la gestione dei poteri regionali e degli enti locali». Sono parole di Napolitano, riprese da Sebastiano Messina nell´editoriale di ieri. Quello che ci vorrebbe, e che non abbiamo, è far funzionare correttamente le assemblee rappresentative e gli organi di governo negli enti locali e alla Regione. Siccome, al contrario, la gestione del potere politico in questi decenni è stata dissennata, ecco il motivo per cui non lo statuto siciliano inattuato, ma la politica in Sicilia ha creato sottosviluppo, clientele, malaffare e, quando è andata bene, qualche leggero passo in avanti. Travestito subito, però, da propaganda sfrenata e populismo di bassa lega. Queste prerogative statutarie regionali, delle quali si favoleggia la completa applicazione, questo continuare a dirsi che Roma e il Nord non hanno fatto quanto era necessario per la Sicilia, sono solo degli appigli che tentano, miseramente, di nascondere che volevamo essere speciali e non siamo riusciti nemmeno a essere normali. E poi c´è lo strumento in sé da considerare. Se qualcosa non funziona per più di 65 anni, oltre i limiti della classe dirigente e di chi l´ha eletta, sopra accennati, vuol dire che quella cosa non è buona, non serve. Per dirla con una frase molto eloquente, utilizzata da Gianni Puglisi davanti al Capo dello Stato, il privilegio si è trasformato in castigo. E forse lo era sin dall´inizio. Era una sberla ed è sembrata una carezza. Un castigo per tutti i siciliani e un´opportunità di nascondersi, ancora chissà per quanto tempo, per coloro che ancora tracciano non credibili disegni di rilancio della particolarità sicula. Senza contare che lo statuto autonomistico è stato il propulsore che ha determinato in Sicilia, dal dopoguerra a oggi, una sorta di democrazia bloccata. Sino all´inizio degli anni Novanta ha governato la Dc, nel ventennio successivo ha sempre vinto il centrodestra. Tanto che l´alternanza, e vale anche per la maggioranza che oggi sostiene il governo cosiddetto tecnico, si è sempre raggiunta, quelle poche volte in cui è stato possibile, attraverso colpi di palazzo, manfrine e trasformismi di varia natura. E mai come conseguenza di libere elezioni. Noi vi diamo lo statuto bello infiocchettato, questo l´implicito patto, e voi ci garantite lo status quo, tranne qualche variazione sul tema. Se questo è vero, inutile chiedersi perché il Trentino ha un rating finanziario da tre A e la Sicilia no. La risposta è semplice. Lì lo sviluppo è venuto prima del particolarismo, quando già avevano imparato ad essere efficienti. Da noi si è pensato, al contrario, che siccome non ce la facevamo da soli a raggiungere, non diciamo la sufficienza, ma la mediocrità, ecco che un pezzo di carta, avente rango costituzionale, con scritto dentro tutto e di più, potesse servire alla bisogna. Così non poteva essere e così non è stato. Come si dice, non è l´abito che fa il monaco. Ma, oggi, nel 2011, quel sontuoso vestito pieno di inutili medaglie va messo in soffitta. Provando, appunto, ma a quanto pare è una fatica immane, ad essere un po´ più normali e molto meno speciali.



venerdì 9 settembre 2011

Elezioni a Palermo, il centrosinistra pensa.

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Cultura, Economia
9 settembre 2011
Pag. 10
Se il PDL spiazza il PD
Francesco Palazzo

Il centrodestra, con il consueto metodo democratico, che è una fotocopia di quello che portò dieci anni addietro alla scelta del sindaco di Palermo in carica, sta cercando di chiudere la quadra sul nome da proporre per la poltrona più alta dell'amministrazione cittadina. Sul nome del rettore Lagalla, in pochi giorni si è passati dal lancio della candidatura, all'accettazione dell'interessato, all'accoglimento dei partiti che dovranno sostenerne la corsa, ad una specie di marcia indietro. C'è, tuttavia, da ritenere che l'operazione sia riuscita. Non è il massimo della partecipazione, veramente neanche il minimo, ma almeno non si può dire che abbiano perso tempo a mettere in soffitta, in un sol colpo, l'era Cammarata e il toto candidato che impazzava da mesi. Il profilo proposto è di peso ed è verosimile che farà suonare più di una sirena nel fronte opposto, leggasi terzo polo. Il centrodestra è partito e ha lasciato il centrosinistra sul posto. Uno a zero e palla al centro. Anche se, vista la caratura della candidatura di cui parliamo, potrebbe già essere un tre a zero difficilmente recuperabile. Era del tutto logico attendersi che, dopo dieci anni di riscaldamento dei motori, fosse proprio l'opposizione, in primo luogo il PD, a scattare per prima dai blocchi di partenza. Ma i democratici, siccome sono impegnati a salvare la Sicilia e non avendo ancora deciso se rompere il fidanzamento con Lombardo, oppure arrivare a un molto tardivo matrimonio d'interesse, hanno scelto proprio la tornata elettorale a Palermo come location per il viaggio di nozze. Perciò, per rispondere ad Alfano che ha incoronato il rettore, una parte del PD cerca qualche nome di peso che possa zittire tutti, trovare una condivisione del terzo polo e mandare in soffitta le primarie. Visto che UDC, MPA e FLI non ne vogliono sapere della conta ai gazebo. Non si capisce bene come possa coesistere questo epilogo con il fatto che il PD conferma che le primarie di coalizione, con dentro IDV, SEL, Federazione delle sinistre e la mitica società civile, si faranno. Pare, tra dicembre e gennaio. Ma IDV, SEL e company le vogliono pure. Niente terzo polo. Quindi il PD rischia di farsele da solo. Ma, ammesso che alla fine riesca a trovare qualcuno con cui farle, ha già posto un altro piccolo problema. I democratici devono avere un solo candidato, per cui si dovrebbe prima procedere alle preprimarie o primarine interne, chiamatele come volete, per stabilire il nome unico del partito. Intanto, la segreteria provinciale, seguendo una consolidata tradizione, ha già provveduto a spostare dal 12 al 23 settembre la riunione della direzione in cui si dovrebbe attivare l'iter per indire le primarie. Insomma, un bel programmino. Agile e, soprattutto, veloce. Non è che le cose vadano meglio nello spezzone di centrosinistra comprendente IDV, SEL sinistre e movimenti vari. A dire il vero, loro, le primarie le avevano pure convocate nel corso di un'infuocata assemblea svoltasi sul finire del 2010. Dovevano svolgersi il 27 febbraio di quest'anno. Ma sfortuna ha voluto che quel giorno passasse senza che nessuno si accorgesse di niente. Ma non si sono arresi. Ora è prevista un'altra assemblea al calor bianco, che si terrà a fine settembre, per decidere una prossima data nella quale svolgere le primarie. Anche qui, dunque, si va celeri e determinati verso l'obiettivo. Come se non bastasse questo travaglio interiore, che ben conosciamo, giunge anche la candidatura di Leoluca Orlando. Ma non da subito, se ne riparlerà il 21 marzo del 2012, se per caso le primarie fallissero. Al momento, dunque, per giocare la partita che avrà il suo culmine tra otto mesi, che al centrosinistra evidentemente sembrano un'eternità, solo una parte politica, quella che teoricamente avrebbe dovuto avere più difficoltà, ha impresso la propria zampata, forse quella decisiva, sul confronto elettorale. IDV, SEL, sinistre e movimenti navigano a vista. Nel PD, azionista di maggioranza dello schieramento, il pallino dell'immobilismo è al momento nella mani di coloro che hanno consentito al governatore di stravincere le regionali del 2008. Il rettore, insomma, ammesso che alla fine, come crediamo, sarà lui il candidato del centrodestra, può dormire sonni tranquilli. Si guardi più dagli amici, che i nemici sinora giocano per lui.