venerdì 27 aprile 2012

Palermo. La colpa sarà sempre di quello di prima?

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Cultura, Economia
27 Aprile 2012 - N. 16 - Pag. 2
La veggente, l'ex sindaco e il 25 aprile
Francesco Palazzo
Eppure venerdì sera, 20 aprile, mi era sembrato di leggerlo bene il cartello. Divieto di parcheggio per giorno 25 nella piazza antistante lo stadio Barbera. Così sabato mattina mi ha sorpreso la telefonata del portiere che mi riferiva di una visita dei vigili urbani che pressavano per lo spostamento immediato delle auto dalla piazza. Mi affaccio ed effettivamente vedo un consistente plotone di vigili in assetto d'emergenza. Come prima reazione, penso che ormai gli occhiali per leggere da vicino devo metterli sempre. Basta giovanilismi. La presbiopia incalzante e galoppante, immagino, e il buio, avevano trasformato l'uno in cinque. Sicuro di questo, mi vesto di corsa e scendo. Per prima cosa vado a leggere di nuovo il cartello, alla luce del sole e stavolta confortato dai miei preziosi occhiali. Sorpresa. Nessun errore, era proprio 25. Allora vado da un vigile e gli dico che la prossima volta stiano attenti a scrivere la data giusta. L'uomo in divisa si avvicina sorridente, mi guarda bonario e mi rivela che quel cartello è proprio giusto. Nessuno sbaglio, tutto regolare. Ma allora che diamine succede stamattina! Niente, afferma lui, solo che oggi deve intervenire una delle veggenti di Medjugorie e c'è il tutto esaurito allo stadio. Questione di ordine pubblico, le macchine dal centro della piazza devono sparire. La mia non è al centro e quindi l'allarme, almeno quel che mi riguarda, cessa. Il giorno libero può continuare come da copione. Ma una volta che sono stato sbattuto giù dal letto in questo modo, focalizzo meglio la storia. Quindi si fa spazio il ricordo che questa notizia venerdì, cioè il giorno prima, campeggiava con una foto, in prima pagina, annunciando la presenza di una moltitudine orante di 35 mila persone. Ma voi non l'avete letta, faccio al vigile. No, non l'ha vista. Lui è solo un operatore e non sa, esegue soltanto. Giusto, c'è chi dispone e chi mette in pratica. Mi avvicino allora ad un graduato del corpo. Stessa storia. Lui è pure un mero esecutore e non può che alzare le spalle. Vabbé, come non detto. Però mi dispensa una valutazione politica. Che in piena campagna elettorale serve come il pane. Speriamo, sibila sorridente, che la prossima amministrazione comunale sia migliore dell'ultima, in modo che queste cose non abbiano più ad accadere. Dico, scusi ma che c'entra? Voi non leggete i giornali? Un evento di questa portata, abbastanza conosciuto da giorni, non dovrebbe richiedere un'amministrazione tipo Stoccolma per organizzare, prima e in tempo per non far scapicollare centinaia di persone da casa tipo terremoto, i normali divieti che scattano puntualmente per le partite di calcio. E qui siamo al punto. Perché è pur vero che le ultime due legislature a Palermo non sono state il massimo della vita, anzi neanche il minimo. Ma possibile che si indichi il solito capro espiatorio pure in situazioni dove nulla c'entra chi ha governato la città negli ultimi dieci anni, solo per giustificare inefficienze e distrazioni da parte di una burocrazia che evidentemente non poco ha contribuito alla situazione in cui ci troviamo? Ora, questa storia, per carità, marginale, magari insignificante per molti lettori, mi è sembrata un presagio di ciò che potrebbe avvenire nel prossimo quinquennio. Il ritornello è già pronto e di facile uso. Chiunque si troverà ad amministrare Palermo potrebbe farsi tentare, per ogni cosa che non riuscirà a fare, per ogni emergenza che non saprà gestire, e temiamo che saranno tante, di usarlo a piene mani. La colpa potrebbe essere sempre di quello lì, quello di prima, noi non c'entriamo niente. Mi sa che è facile profezia. E non ci vuole nemmeno una veggente per esprimerla. Visto che è appena passato il 25 aprile dovremmo riflettere sì sul passato di cui ci siamo liberati, ma soprattutto sui tanti alibi che ci incatenano come comunità al nostro presente. Ah, detto per inciso. A mezzogiorno le macchine al centro della piazza erano rimaste esattamente al loro posto. Nessuno le aveva spostate e dei vigili non c'era più traccia.

mercoledì 18 aprile 2012

In Sicilia molto mare e pochi Monti.

LA REPUBBLICA PALERMO - MERCOLEDÌ 18 APRILE 2012
Pagina XIII
PERCHÉ IN SICILIA È IMPOSSIBILE UN GOVERNO "MODELLO MONTI"
Francesco Palazzo

«CI vorrebbe uno come Monti pure in Sicilia». Da più parti, in diversi ambienti politici e sociali, capita di sentire questa frase. Ci sono le condizioni perché ci possa essere una soluzione di questo tipo? Per rispondere, bisogna prima ricordare cosa ha spinto la politica nazionale verso il governo Monti. Innanzitutto, una situazione insostenibile delle casse pubbliche e un indebitamento stellare. In Sicilia il bilancio annuale naviga costantemente in acque perigliose. Per quanto riguarda l'indebitamento, fonti ufficiali ci dicono che a fine 2011 ammontava a 5,3 miliardi. Tale situazione finanziaria si è consolidata negli anni e non è da addebitare a questo o a quel governo. Ma ciò cambia poco la solidità dei fatti. L'altro motivo che ha generato una svolta a livello nazionale è stata l'incapacità dei partiti di imprimere qualsiasi svolta strutturale al sistema paese. Anche in Sicilia, da più di dieci anni, si parla di riforme in grado di far ripartire la regione. Maè sotto gli occhi di tutti che le buone intenzioni sono rimaste tali. Il terzo argomento che ha fatto propendere per un governo tecnico a Palazzo Chigi, è stato la litigiosità dei partiti. Su questo, la Sicilia non è seconda a nessuno. Si è liquefatta rissosamente la maggioranza di centrodestra e non se ne vede una pronta a garantire il ricambio. Anzi, quella che sino a ieri era maggioranza all'Ars, si è sbriciolata in vista delle amministrative di maggio. Ora, considerato che da noi coesistono le tre principali condizioni che hanno condotto la politica nazionale verso l'odierna configurazione, ci si può chiedere se le forze politiche e sociali siciliane siano in grado di mutare prospettiva. Ipotizzando una legislatura, la prossima, che metta insieme i principali partiti nel sostegno ad un esecutivo esterno alla ingarbugliata matassa che abbiamo davanti, in modo da tentare di rimettere in piedi l'isola. Dandosi appuntamento, dopo cinque anni, con la fisiologica contrapposizione elettorale tra interessi concorrenti. La risposta, lo stiamo vedendo, sembra essere negativa. Con nuove elezioni alle porte, assistiamo al valzer delle alleanze. Che non sfiorano minimamente i problemi della Sicilia, ma sono soltanto allocazione di ceto politico. Mete anguste, che forse serviranno alle carriere politiche di singoli personaggi, ma rischiano di portare la Sicilia sempre più verso una deriva economica e sociale. Il problema è che, per nostra sfortuna, l'ultimo parallelismo con la vicenda nazionale non è possibile farlo. Perché se a Roma il Capo dello Stato ha assunto un ruolo guida, in Sicilia non disponiamo di una figura simile. Occorrerebbe, da parte degli uomini e delle donne più avvertiti nelle forze politiche, sociali e imprenditoriali, un sussulto di responsabilità. Vistii tempi che corrono, mi sa che è speranza vana.

venerdì 6 aprile 2012

La leggenda del rigore a porta vuota

CENTONOVE
Settimanale di Politica, Economia, Cultura
N. 13 - 6 Aprile 2012 - Pag. 12
Palermo, rigori e autogol
Francesco Palazzo


A un certo punto si cominciò a parlare del famoso rigore a porta vuota. Metafora un po' spinta, a dire il vero, perché il calcio dal dischetto non è mai a rete sguarnita. Scarso per quanto possa essere, c'è sempre un portiere che ci prova a catturare il pallone. Ma poi quali sarebbe stata la genesi, il principio, il brodo di coltura, di questo tiro a rete avversaria abbandonata? Nel centrosinistra, a Palermo, si erano convinti che bastava una doppia sindacatura indescrivibile del centrodestra per diventare magicamente maggioranza. Così, per incanto, senza nemmeno sudare tanto. Fesseria col botto, ovviamente. Il centrosinistra, diciamo della foto di Vasto o di qualsiasi altra istantanea, in città non vale più del 35 per cento. Neanche Santa Rosalia, impegnandosi a fondo, ci può a farlo andare più in alto. E raggiunge tale numero, sia chiaro, solo quando è messo bene in salute e in forma smagliante. E non è il nostro caso. Dalla convinzione, errata, che si avesse già la vittoria in tasca, si è cominciato a fare melina, annacamenti vari, giri a vuoto. Tanto la palla era sul dischetto e bastava tirare. E che ci voleva. Pure un brocco ci poteva riuscire, mica occorreva arruolare un fuoriclasse. Che poi vallo a trovare, a Palermo, un fuoriclasse, un campione vero. E siccome il gioco era una storia semplice, ciascuno ha pensato bene di cominciare a spartirsi il bottino della vittoria prima ancora di averlo conquistato. Tanto era soltanto una pura formalità. Il pallone era lì, fermo e immobile da due lustri, la porta vuota, il portiere avversario chissà che fine aveva fatto, la folla acclamante, gli avversari, in grande difficoltà, facevano pure la ola. Questo fermo immagine, che era più un prodotto della mente che l'effettiva realtà, a un certo punto è diventato una specie di dogma irremovibile. Uno si poteva pure distrarre un po'. Prendersi una vacanza. Pure lunga. Tanto la cosa era fatta. Poi bastava tornare davanti allo schermo mentale per rassicurarsi e rassicurare. Dischetto, pallone, portiere (anzi no, il portiere non c'era, perché nella rappresentazione del centrosinistra palermitano il rigore è a porta vuota), arbitro con il fischietto in bocca sempre più spazientito pronto a dare il via all'esecuzione, tifosi in delirio, avversari sempre più boccheggianti, stramazzati e inermi ai bordi del campo. Tutto pronto. Sì, tutto pronto. Tiri tu o tiro io? Aspetta, e che fretta c'è! Non è giusto vincere facile, che poi uno che figura ci fa. Si sfoglia la margherita. Primarie sì, no, forse. Il tempo è ancora tanto, la sfera rotonda adagiata sul campo. Passano mesi. E meno male che lo slogan era Palermo è ora. Primarie sì. Partiti e movimenti, dopo essersi vomitati addosso di tutto, fanno un patto di non belligeranza in un albergo con le pistole sotto i tavoli. Si presentano quattro allenatori, due donne e due uomini (pardon giovani, che fa più trendy), per fare un mini torneo aziendale e ammazzare il tempo. Così, in amicizia. Scappano pure diversi cazzotti e qualche mitragliata. Ma serve solo per provare meglio gli schemi. Poi la conta ai gazebo è stata la festa dell'impossibile ma vero. Pure le schede elettorali da collezione abbiamo visto. E mi sa che quanto non abbiamo visto, e che forse un giorno sapremo, è anche peggio. Ora i gazebo sono stati disfatti e qualcuno è riuscito a trovare finalmente il pulsante per interrompere il fermo immagine. Non c'è più il pallone nel dischetto, non si vede nemmeno la porta, si è costretti a fare catenaccio in difesa, come sempre del resto, la squadra contraria ha trovato qualcosa negli ultimi giorni di mercato e i tifosi si sono divisi in due squadre e, quando sono calmi, si prendono a calci sugli stinchi, male parole su facebook e sputi in faccia. C'è chi dice che così si raccolgono più voti. Vedremo. Ma noi, in compenso, siamo più tranquilli e rilassati. Perché il rigore a porta vuota, effettivamente, non l'avevamo mai visto e non lo vedremo. Mentre questo epilogo lo conosciamo a memoria.

giovedì 5 aprile 2012

Palermo affogata nella munnizza dei programmi farsa.

LA REPUBBLICA PALERMO - GIOVEDÌ 05 APRILE 2012
Pagina I
Quei mille programmi scritti sull'acqua
Francesco Palazzo

Se la nostra vita di cittadini fosse contaminata virtuosamente da almeno una piccola percentuale di quello che si sente in campagna elettorale, vivremmo nel migliore dei mondi possibili. Ma ormai non facciamo più caso alle parole in libera uscita pronunciate dai candidati alle varie elezioni. Costituiscono soltanto un fastidioso rumore di fondo a cui abbiamo fatto l'abitudine. Come la sveglia che la mattina ci butta giù dal letto. La spegni, ti alzi, e non ci pensi più per l´intera giornata. Così come dimentichiamo per l´intera legislatura le mirabolanti imprese verbali di chi si fa avanti per occupare qualche importante poltrona. Chi si ricorda più degli slogan, dei programmi, delle buone intenzioni, delle elezioni degli ultimi anni? Anche nella gara della squadra di pretendenti che si appresta a scalare la montagna verso la conquista della poltrona di primo cittadino a Palermo, stiamo assistendo, a guardare i siti dei candidati o ascoltandoli, a un florilegio di proposte che ci sarebbe da gongolare di gioia. Se non sapessimo, appunto, che trattasi di una specie di esercitazione sportiva a chi la spara più grossa. Un gioco delle parti a somma zero. Visto che coloro che parlano spesso non sanno quello che dicono e coloro che ascoltano non vanno oltre il suono delle parole. Sia chiaro, in quanto a balle che volano in cielo non tutti sono alla stessa altezza. Ci sono i professionisti dell´illusionismo a oltranza, che non badano a spese, e i neofiti della promessa senza tanto impegno, che la buttano lì senza tante pretese. Ma per tutti vale la regola che si può dire tutto, purché si rimanga nel più etereo generico. Che è la categoria meno suscettibile di controllo, una volta che poi si dovranno realizzare veramente le cose. Prendiamo il bilancio del Comune di Palermo. Qualche candidato parla di risanamento dello stesso, qualche altro del cosiddetto bilancio partecipato. Ma non si dice in che cosa esattamente consiste questo risanamento e come si dovrebbero attivare i canali della partecipazione. Temiamo che alcuni conoscano il disastrato bilancio della città come noi la meccanica quantistica. Il risanamento della costa e il mare sono argomenti in cima ai pensieri dei candidati. Ma non si capisce in che modo si voglia procedere per adeguare la realtà agli slogan. Tutti vogliono poi creare lavoro, senza perdere, ovviamente, quello esistente, anche se nato in maniera parassitaria. Come faranno a generare nuova occupazione, viste le condizioni attuali dell'economia, con i privati che chiudono uno dopo l´altro e il pubblico che scoppia di addetti, rimane un mistero. Poi si parla di piste ciclabili, centro storico, ripresa del commercio, anziani, bambini, energie rinnovabili, cultura, arte, gastronomia, internet per tutti e via andare. Niente di preciso e valutabile nel dettaglio. E´ una specie di vocabolario del nulla. La politica del vago al comando, una gara a chi la spara più grossa. Dello scibile umano è rimasta fuori poca roba e magari da qui alla conclusione del ballottaggio colmeremo qualche piccola lacuna. Peccato, però, che non ci sia l´obbligo di allegare copie di questi faraonici programmi al momento della presentazione ufficiale delle candidature a sindaco presso le autorità competenti. Perché poi uno potrebbe, a tempo perso, chiedere lumi agitando quel tal documento programmatico depositato ufficialmente. Invece, chiuso il periodo elettorale e proclamato il vincitore, comincerà, lo sappiamo bene, tutta un´altra storia. Nel corso della quale per le tantissime cose promesse che non vedranno mai vita, cioè quasi tutte, e per quelle non promesse ma che ci vorrebbero come il pane, ma che allo stesso modo vedremo con il cannocchiale, sarà sempre colpa di qualcuno. Esattamente di qualcun altro, brutto e cattivo. Che il reo sia il governo regionale, in genere l´imputato principale, lo Stato che non fa fronte alle emergenze, l´Europa, la crisi globale dell´economia o il destino cinico e baro, poco importa.