mercoledì 18 aprile 2012

In Sicilia molto mare e pochi Monti.

LA REPUBBLICA PALERMO - MERCOLEDÌ 18 APRILE 2012
Pagina XIII
PERCHÉ IN SICILIA È IMPOSSIBILE UN GOVERNO "MODELLO MONTI"
Francesco Palazzo

«CI vorrebbe uno come Monti pure in Sicilia». Da più parti, in diversi ambienti politici e sociali, capita di sentire questa frase. Ci sono le condizioni perché ci possa essere una soluzione di questo tipo? Per rispondere, bisogna prima ricordare cosa ha spinto la politica nazionale verso il governo Monti. Innanzitutto, una situazione insostenibile delle casse pubbliche e un indebitamento stellare. In Sicilia il bilancio annuale naviga costantemente in acque perigliose. Per quanto riguarda l'indebitamento, fonti ufficiali ci dicono che a fine 2011 ammontava a 5,3 miliardi. Tale situazione finanziaria si è consolidata negli anni e non è da addebitare a questo o a quel governo. Ma ciò cambia poco la solidità dei fatti. L'altro motivo che ha generato una svolta a livello nazionale è stata l'incapacità dei partiti di imprimere qualsiasi svolta strutturale al sistema paese. Anche in Sicilia, da più di dieci anni, si parla di riforme in grado di far ripartire la regione. Maè sotto gli occhi di tutti che le buone intenzioni sono rimaste tali. Il terzo argomento che ha fatto propendere per un governo tecnico a Palazzo Chigi, è stato la litigiosità dei partiti. Su questo, la Sicilia non è seconda a nessuno. Si è liquefatta rissosamente la maggioranza di centrodestra e non se ne vede una pronta a garantire il ricambio. Anzi, quella che sino a ieri era maggioranza all'Ars, si è sbriciolata in vista delle amministrative di maggio. Ora, considerato che da noi coesistono le tre principali condizioni che hanno condotto la politica nazionale verso l'odierna configurazione, ci si può chiedere se le forze politiche e sociali siciliane siano in grado di mutare prospettiva. Ipotizzando una legislatura, la prossima, che metta insieme i principali partiti nel sostegno ad un esecutivo esterno alla ingarbugliata matassa che abbiamo davanti, in modo da tentare di rimettere in piedi l'isola. Dandosi appuntamento, dopo cinque anni, con la fisiologica contrapposizione elettorale tra interessi concorrenti. La risposta, lo stiamo vedendo, sembra essere negativa. Con nuove elezioni alle porte, assistiamo al valzer delle alleanze. Che non sfiorano minimamente i problemi della Sicilia, ma sono soltanto allocazione di ceto politico. Mete anguste, che forse serviranno alle carriere politiche di singoli personaggi, ma rischiano di portare la Sicilia sempre più verso una deriva economica e sociale. Il problema è che, per nostra sfortuna, l'ultimo parallelismo con la vicenda nazionale non è possibile farlo. Perché se a Roma il Capo dello Stato ha assunto un ruolo guida, in Sicilia non disponiamo di una figura simile. Occorrerebbe, da parte degli uomini e delle donne più avvertiti nelle forze politiche, sociali e imprenditoriali, un sussulto di responsabilità. Vistii tempi che corrono, mi sa che è speranza vana.

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