venerdì 10 maggio 2013

Un esercito di maestri e di sindaci contro la mafia.

La Repubblica Palermo
9 Maggio 2013 - Pag. I
La frontiera mafiosa lontana dai riflettori
Francesco Palazzo
«COSA nostra condiziona ancora pesantemente le strutture politiche locali», dice il procuratore Messineo. nei confronti dei piccoli Comuni, insiste il capo della Direzione distrettuale antimafia, i boss hanno «un interesse spiccato». Una fotografia che, pur con tutte le lotte alle cosche fatte negli ultimi decenni, fa capire quanti passi in avanti in effetti abbiamo fatto su uno spaccato fondamentale del problema. Ossia i rapporti tra mondo criminale e ceto politico. E non parliamo degli enti maggiormente in vista, qualii grandi Comunio la stessa Regione, dove forse è più semplice mettere in atto azioni di contrasto. Ma a quanti dei trecentonovanta Comuni siciliani si può applicare l' amara constatazione del numero uno della Procura di Palermo? Tolte, appunto, le più grandi municipalità e alcune comunità di media grandezza, nelle quali magari ci sono interessi concreti delle cosche, ma questi non assumono le caratteristiche belluine e predatorie che invece contraddistinguono i comuni minori, possiamo ipotizzare che ci sia un tessuto molto esteso di democrazia siciliana gravemente malato all' origine. Non possiamo sperare di debellare il rapporto tra mafia e politica se trascuriamo questo aspetto fondamentale della vita istituzionale della regione. Ciò deve far riflettere sul metodo, diciamo così deduttivo, sinora applicato. Viene infatti facile pensare che, immettendo semi legalitari nelle macrostrutture istituzionali, poi questi debbano attecchire, quasi come un implicito e assodato automatismo, nella realtà piccole e piccolissime. Non funziona così se è vera la riflessione, basata su dati di fatto e non su astratti sociologismi sui quali spesso ci attardiamo, del procuratore capo. Lo scrittore Gesualdo Bufalino diceva che per liberarsi dalla mafia basterebbe un esercito di maestri. A lungo termine, suggerire di lavorare sui bambini, sulle nuove generazioni, può essere un giusto e ineliminabile approccio. Ma se a questo versante educativo dei piccoli non si associa un cambiamento nelle teste e nelle azioni degli adulti, a breve e a medio termine, non si va molto lontano. E allora, oltre che un esercito di maestri e maestre, occorre un altro esercito, che in parte è già in campo, nutrito e coraggioso, di amministratori locali, sindaci, assessori, consiglieri comunali, funzionari che facciano funzionare correttamente la cosa pubblica nei luoghi dove non arrivano i riflettori dell' opinione pubblica. A meno che non vengano accesia giorno, per poi spegnersi subito dopo, da indagini e arresti. Ma a quel punto non rimarrebbe che prendere mestamente atto che il danno è stato fatto. È questo, d' altra parte, il lavoro delle forze dell' ordine e della magistratura. Il resto tocca, o toccherebbe, alla politica e alla società che contribuisce a formarla con il consenso elettorale. Quasi sempre siamo interessati ai macrosistemi. Chi vincerà le elezionia Catania?E a Palermo che accade? Sulle amministrazioni regionali che si succedono, poi, il dibattito non conosce sosta. Tutto giusto, per carità. Ma quello che si perde di vista, interessandosi per grandi linee e per massimi sistemi al destino dei pubblici poteri, è che la robustezza del tessuto democratico, e quindi il vero contrasto alle consorterie criminali, si decide, giorno per giorno, direi ora per ora, su un' altra dimensione. Quella che vive all' ombra dei tanti gonfaloni di centinaia di Comuni siciliani. Che piaccia o no, è lì che si gioca tutto, o quasi tutto.

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