giovedì 18 luglio 2013

Festino: polemiche inutili e questioni importanti.

La Repubblica Palermo 

17 luglio 2013 —   pagina 1

I valori cattolici e i diritti di tutti

Francesco Palazzo

L'omelia pronunciata a Palazzo delle Aquile dal cardinale Romeo per la ricorrenza della santa patrona pone tre questioni sulle quali riflettere. In primo luogo, perché si continua a mandare avanti questa usanza della celebrazione eucaristica dentro il palazzo di città, che si ripete il primo dell' anno? Fa parte della tradizione, si obietterà. Ma tutte le tradizioni sono passibili di aggiornamenti. E se non ci riesce la politica a far passare il minimo sindacale in quanto a laicità delle pubbliche istituzioni, spero lo capisca la diocesi. E la sua guida pro tempore si limiti, in futuro, durante la visita all'amministrazione in occasione del Festino o del Capodanno, a qualcos'altro che non sia la celebrazione di un rito. Altre espressioni religiose della città vivono ricorrenze. Non per questo i rappresentanti del popolo approntano, nel palazzo di tutti, altari o cose simili. La seconda riflessione si riferisce all'agire che deve essere osservato nei rapporti istituzionali. Sindaco e assessore alla Cultura, per mostrare il programma dei festeggiamenti per Rosalia, vanno al palazzo arcivescovile. Lo fanno in punta di piedi, com' è corretto che sia. Nessun sindaco, in tale occasione, si è mai messo a leggere una sorta di omelia politico-religiosa di rivendicazioni verso la Chiesa di Palermo e di consigli non richiesti dai cattolici su come vivere meglio il Vangelo. Allo stesso modo gli arcivescovi, una volta varcata la soglia di Palazzo delle Aquile, non dovrebbero elencare alla politica memorandum su cui attestarsi per non dispiacere la Chiesa. Non deve, allora, il cattolicesimo rivolgersi alla politica utilizzando il proprio linguaggio e il proprio modo di vedere il mondo? Certo che deve farlo. In libertà e sincerità. Ma, oltre che nei giusti contesti, ricordandosi, e veniamo al terzo punto, che i rispettabili concetti sulla vita umana che il cattolicesimo veicola non è detto che debbano essere gli unici scritti nell'agenda politica. Che, invece, deve farsi carico di regolamentare una società plurale. Parliamo di democrazia. Una prassi che ancora la Chiesa non pratica del tutto. Che ha tante lacune, però sinora è il miglior rimedio per disciplinare la vita collettiva nel rispetto di tutti. Il presule nell'omelia ha rimproverato, tra le righe ma in maniera abbastanza esplicita e con parole forti, il Consiglio comunale di Palermo e la giunta di avere traviato sui veri valori. Il supporto al Pride e l'avere approvato l'istituzione del registro delle unioni civili non sono andati giù. Che queste tematiche siano un nervo scoperto lo si capisce dalla reazione, molto sopra le righe, proveniente da ambienti curiali e poi esplosa in un florilegio di dichiarazioni, dopo la proiezione di alcune immagini (gameti di due uomini, di due donne, di un uomo e di una donna e dell'asterisco simbolo del Pride), insieme con altre inneggianti all' amore, sulla facciata della cattedrale durante i festeggiamenti. Ma allora cosa dovrebbero pensare i palermitani della circostanza che una delle musiche di accompagnamento dei giochi pirotecnici al Foro Italico era tratta da un brano cattolico molto conosciuto, esattamente "Santa Chiesa di Dio"? Lasciamo da parte gli inutili pretesti usati per polemiche di poco momento e andiamo all'essenziale. Il punto è che il tipo di famiglia che il primate di Sicilia difende, e che sente minacciata dal Pride e dal riconoscimento di semplici diritti a famiglie che non rientrano nello schema padre-madre-prole, a noi va benissimo. Non crea nessun problema, né alla giunta comunale che ha sponsorizzato il Pride, né al Consiglio comunale che ha votato la delibera sulle unioni civili. Solo che esistono altri segmenti di vita che non possono essere definiti «confusione» o portatori di «valori avariati», e la politica che se ne occupa non lascia alle giovani generazioni «orientamenti socio-culturali viziati». Bisogna farsene una ragione. E confrontarsi serenamente con una società che non è più a trazione confessionale, ma che si è da tempo secolarizzata. Non ci rimetterà la Chiesa e non ci perderanno la politica e il popolo che la esprime.

1 commento:

  1. Forse sarebbe stato meglio rivolgere queste domande al sindaco, più che alla curia

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