domenica 22 giugno 2014

PD siciliano: chiudo la sede e tengo aperte le correnti.

La Repubblica Palermo

21 giugno 2014 - Pag. I

La chiusura della sede come metafora del PD

FRANCESCO PALAZZO

La chiusur della sede regionale del PD è la logica conclusione per una formazione politica che in Sicilia, pur bagnata da un forte consenso elettorale alle europee, non rappresenta da tempo una comunità coesa e riconosciuta di donne e di uomini riuniti attorno ad un'idea e ad un impegno. Ma un agglomerato di leader, più o meno dotati di forza elettorale, con al seguito dei seguaci che seguono le orme dei capi corrente, ne sposano le convinzioni e stanno sulla scia mutevole delle cangianti alleanze che si compongono e si frantumano, raramente o quasi mai per ragioni ideali, continuamente dentro il partito. Se il quadro è più o meno questo, in effetti non c'è motivo di tenere aperta anche fisicamente una sede regionale. Una famiglia che non è più tale, non ha affatto bisogno di un tetto comune sopra la testa. Infatti, dentro il PD, ci si duole, giustamente, per le sorti dei lavoratori che vanno in cassa integrazione, ma nessuno si è dispiaciuto per la chiusura della saracinesca politica. Quasi fosse alla stregua di uno dei tanti esercizi commerciali che giornalmente a Palermo abbassano le loro saracinesche. E questo perché tutti sanno, e sappiamo, che non viene a mancare nulla d'importante. Bastano a disegnare le pratiche politiche dei democratici siculi le varie segreterie dei tanti eletti o eleggibili nelle varie assemblee rappresentative. Le leve del comando e i rapporti di forza stanno altrove, le assemblee plenarie servono soltanto a ratificare quanto deciso in altre stanze. Bisogna prendere atto che al partito degli iscritti, il quale una volta tanto deve farsi bastare e avanzare un gazebo, si è sostituito il partito dei ras del consenso. Basta dirlo una volta per tutte e non pensarci più. Una volta c'erano le sezioni, situate pure nei paesini più sperduti, e le sedi centrali del partito, dove cresceva e si temprava classe dirigente. Magari ammorbata di ideologie, ma certamente con davanti a sé il senso di una missione che non corrispondeva con l'orticello angusto della corrente di riferimento o con quello ancora più claustrofobico del leader di riferimento. Adesso la misura del ricambio sarà, è, la fedeltà non ad un percorso collettivo, ma alla singola persona. Non ci giungono notizie di chiusure simili dalle altre regioni, una specie di record di cui avremmo fatto volentieri a meno. Soprattutto in una Sicilia che avrebbe bisogno di un forte e unito Pd per fare qualche passo in avanti. Dalla sede di Via Bentivegna fanno sapere che ci sarà qualcuno che risponderà al telefono (ma per dire cosa? Mica è un call center) e che comunque la struttura rimane disponibile per le riunioni dei politici. E quest'ultima chiosa è la conferma che un partito può essere concepito come una sommatoria di individualismi che si riuniscono, pezzo per pezzo, per discutere delle loro cose. In futuro può essere che si ritrovino i fondi per ristabilire un minimo di funzionalità alla sede regionale. Ma anche se si dovessero trovare gli importi necessari, questi non potranno certo comprare la presenza di una politica partitica condivisa negli aspetti essenziali, la cui assenza ha portato alla cancellazione di una storia senza che qualcuno abbia alzato un solo sopracciglio. Una volta, più di trent'anni addietro, un assessore del comune di Palermo, a me giovane attivista politico di quartiere, disse che avevo qualche buona idea ma che non sarei mai andato avanti se non mi legavo a qualche corrente politica. Gli dissi che non ne avevo bisogno e che una nuova politica avrebbe polverizzato le sue errate e medievali convinzioni. Aveva ragione lui.

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