sabato 3 ottobre 2015

Il sud decolla o sprofonda?

La Repubblica Palermo 
02/10/2015 - Pag. 1
Se del sud si parla soltanto nei titoli
Francesco Palazzo

Il titolo della festa nazionale dell’unità sul mezzogiorno, Il sud decolla, era accattivante e in controtendenza. E’ del maggio scorso la rilevazione annuale dell’Istat che, registrando l’aumento dello 0,3 per cento del PIL nel primo trimestre 2015, mostra un paese che sta riemergendo dalla crisi. Ma tutto ciò riguarda il centro nord. Perché il mezzogiorno va giù decisamente con una perdita di mezzo milione di occupati da quando la crisi ha esordito. Al nord, in particolare, il tasso di occupazione è del 64,3 per cento, al sud si arresta al 41,8. Anche rispetto al centro (60,9 per cento di occupati) rimane un baratro. Ma non solo questo. Scrive l’Istat che “le aree del mezzogiorno si caratterizzano per una consolidata condizione di svantaggio legata alle condizioni di salute, alla carenza di servizi, al disagio economico, alle significative disuguaglianze sociali e alla scarsa integrazione degli stranieri residenti”. I dati sono abbastanza chiari: il reddito è più basso del 18 per cento rispetto alla media nazionale (nelle aree con più difficoltà si arriva al 30). Minore reddito significa minori consumi. Infatti, gli abitanti del sud tirano fuori dalle tasche il 70 per cento della media riguardante il centro e il nord. Peraltro, il 28 per cento viene speso in beni alimentari (al centro-nord il 13). Più un sud che decolla, sembra un sud che sprofonda e che da, casomai, qualche segno non decisivo di vitalità. Nel secondo trimestre 2015 si è registrato un incremento nei dati occupazionali del sud, ma si rimane ancora molto distanti dall’area più progredita del paese. Inoltre sono aumentate le vendite sui mercati esteri. Ma ciò non sposta di molto il problema se il segretario nazionale di un sindacato (UIL), a inizio settembre, si mostrava preoccupato per il divario crescente tra nord e sud. Preoccupazione confermata dall’Istat sempre a inizio settembre, visto che, pur con un PIL raddoppiato rispetto a pochi mesi addietro (0,6 per cento), aumentano le differenze territoriali sulla disoccupazione. Perché se al nord la disoccupazione in effetti scende (0,3 per cento), al sud la situazione rimane stabile. Così le differenze aumentano: al nord 7,9 per cento di disoccupati, 10,7 al centro e 20,2 nel mezzogiorno. Mettiamoci pure gli ultimissimi dati ISTAT di questi giorni, con la Sicilia, (22,3 per cento), seconda sola alla Calabria (25,2) per tasso di disoccupazione e con Palermo prima città (dati Svimez) in quanto a fuga verso il nord. Da una festa nazionale sul sud non poteva mancare una lettura attenta di questi dati da parte di esperti. Invece non è accaduto. Assente pure un’analisi approfondita di quello che è lo stato delle mafie che infestano questa parte molto ampia dell’Italia. Nessun confronto tra esperti del settore e magistrati che si occupano della lotta alle mafie. Dicevamo, comunque, che il titolo era accattivante perché ci si aspettava che si mettessero in luce le attività imprenditoriali che nel sud vanno bene, e certamente ve ne sono, e che possono essere prese a modello. Ma anche questo aspetto non è stato trattato. Dal punto di vista politico è mancato del tutto un confronto tra i vari presidenti di regione e tra i sindaci, almeno, delle città capoluogo delle realtà regionali del mezzogiorno.  Insomma, ci si poteva aspettare molto di più, visto che la questione meridionale è ancora sotto gli occhi di tutti e condiziona i numeri di tutto il paese quando deve confrontarsi con gli altri stati dell’Unione Europea. Non basta, allora, il simpatico logo della festa (una lambretta con un’Italia capovolta, la Sicilia e il mezzogiorno che cambiano latitudini e un nord che va sotto), per mutare le cose. Che, invece, vanno capite sino in fondo per fare in modo che questa parte dell’Italia continui a non essere più la palla al piede di tutta la realtà nazionale. Da questo punto di vista sarebbe stato, ad esempio, interessante uno zoom sulle classi dirigenti del sud. Che è sempre stato il vero nodo della questione mezzogiorno. Ma non abbiamo trovato neppure questo. Sarà per la prossima volta. 

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