mercoledì 9 dicembre 2015

Vecchioni, nessuno ci può giudicare. Semu troppu tochi.

La Repubblica Palermo 
 8/12/2015
L’errore di Vecchioni? Considerare i siciliani i più intelligenti.
Francesco Palazzo


Gentile Roberto Vecchioni, lei non poteva sapere che in Sicilia c’è un esercito che in passato su queste colonne ho chiamato compagnia dei difensori. Il quale non aspetta altro che qualcuno scopra l’acqua calda su di noi per scatenarsi. E’ difficile spiegare a un brianzolo il senso di una frase che definisce la compagnia dei difensori: “difenni u to o tortu o rittu”. Una reazione belluina, intrisa nel sangue, che porta a proteggere ciò che è tuo quando altri, “stranieri”, invadono il campo. E come si permette, uno di fuori, a dirci cose che solo noi, veri amanti di questa terra, possiamo pensare? Perché noi siamo amanti senza rivali. Amiamo tanto che soffochiamo per troppo ardore il nostro oggetto d’amore. Se l’avesse detta un siciliano quella frase, peraltro in un discorso ampio, che esortava alla reazione contro l’inciviltà, per non essere un’isola di merda, non ci sarebbe stata alcuna replica sdegnata. L’ottima platea che l’ascoltava avrebbe applaudito. L’opinione pubblica avrebbe calato umilmente la testa. Nelle nostre discussioni capita spesso che esprimiamo lo stesso concetto. Cosa dovremmo dire, del resto, con una regione che soffre da tanti punti di vista e che si trova in fondo alle classifiche di importanti indicatori, dove non i giovani meritevoli sono premiati, ma migliaia di lavoratori assistiti, che portano voti. E che talvolta devono completare i giorni lavorativi, non il lavoro, si badi bene. Dove le regole del vivere quotidiano, dallo buttare le cicche a terra al depredare tutto ciò che è pubblico, dal pagare i posteggiatori abusivi al parcheggiare ovunque, dal sostare sulle strisce pedonali allo sfrecciare lungo le corsie riservate, sono piegate verso l’interesse personale. E meno male che è venuto ad autunno inoltrato. Se fosse atterrato a Palermo in estate avrebbe ammirato montagne d’immondizia lungo il percorso che unisce il Falcone-Borsellino al capoluogo. Vicino all’aeroporto, inoltre, nei mesi caldi, i palermitani che si recano al lavoro dall’abitazione estiva, lanciano a due passi dallo svincolo autostradale sacchetti d’immondizia. E come vogliamo chiamarli, se non uomini e donne di merda, coloro che trattano la Sicilia come una pattumiera, che sfregiano le coste, il mare, il territorio, chi non controlla o si gira dall’altra parte? Ci sono tanti siciliani perbene, mi scrive un amico. E chi lo mette in dubbio. Ma se fossero molti e non una piccola minoranza non saremmo a questo punto. Ma sa cos’è, Vecchioni, che mi ha fatto sobbalzare? Lei ci definisce i più intelligenti al mondo. Le sembrano intelligenti persone che hanno pasciuto per più di un secolo e mezzo la mafia? Le pare dotato di grandi quantità di materia grigia un popolo che si crede furbo ricorrendo spesso alle raccomandazioni e invece è solo fesso? Le sembriamo così brillanti quando facciamo fuggire le teste migliori, che formiamo spendendo un fiume di soldi? Davvero siamo dotati di grande intelletto visto che riusciamo a esprimere una classe dirigente che, quando va bene, governa mediocremente la cosa pubblica? Ne è certo che siamo così acuti considerato che non riusciamo a valorizzare economicamente un tesoro, la Sicilia, che la storia ci ha messo tra le mani? Mi fermo qui. La ringrazio, ci ha aiutato a riflettere per qualche giorno. Ogni tanto qualche tumpulata a sorpresa ci vuole. Non che cambierà molto nella sostanza. Scorrendo i social network ho però l’impressione che molti abbiano capito la teoria. Un siciliano scrive: “Il mio paese è sul mare in un golfo splendido. Ma abbiamo il 70 per cento di disoccupati che del mare e del sole non se ne fanno niente”. L’altra sera, sull’autobus, (sa che a Palermo in pochi pagano il biglietto?) noto un ragazzo con i piedi sul sedile. Gli dico di metterli giù. Un suo amico sussurra che le mie parole gli ricordano l’intervento di quel cantante il giorno prima all’università. Insomma, almeno nella testa di un diciassettenne il suo discorso è entrato. Può essere un buon inizio. 

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