domenica 29 ottobre 2017

La strana storia del centrosinistra siciliano che si crede toscano.

Repubblica Palermo - Pag. I
28 ottobre 2017
La sinistra che gioca a perdere non fa gli interessi dei più deboli
Francesco Palazzo


Ha ragione Enrico del Mercato nell’editoriale del 24 ottobre. Gli unici cui interessano i voti del centrosinistra sono il centrodestra e i grillini. Quelli che dovrebbero cercarli pensano ad altro, divisi in due puntando al terzo posto del podio.

Certo, in politica può succedere di tutto. Difficilmente si assiste però ai miracoli. Perché, capite, prima ancora delle questioni politico-elettorali c’è la matematica. Nel 2012 il centrosinistra vinse con un candidato alla presidenza molto conosciuto e che portava un suo cospicuo consenso personale, il centrodestra era diviso, i grillini avevano almeno dieci punti in meno di quanti ne prenderanno ora, la sinistra, rispetto a cinque anni fa, presenta un candidato alla presidenza che attirerà molti consensi. Il PD e company, la sinistra e frange di essa si preparano a confermare l’irrilevanza nel sistema politico siciliano di cui scrive del Mercato. E, visto che parliamo da settimane di impresentabili per altre ragioni, dovremmo pur dire che non è molto presentabile al proprio elettorato di riferimento un raggruppamento che si appresta a non contare nulla nel governo della cosa pubblica siciliana, per i prossimi cinque o forse dieci anni.

Ma che senso ha dividere in Sicilia la ricerca dell’alternativa rivoluzionaria, il santo graal di tutte le rivoluzioni perse, dal riformismo? Si dice che non ci si può limitare a gestire l’esistente. Ma se la politica non gestisce l’esistente, di cosa dovrebbe occuparsi, del fantascientifico, del surreale, dell’immaginario? Del resto, questo riformismo siciliano, i cui risultati sono ben lungi dall’essere appena sufficienti, non riesce mai a brillare di luce propria. Cercando di nascondersi, a Palazzo delle Aquile come a Palazzo D’Orleans, dietro soluzioni e situazioni non direttamente determinate, scelte in zona Cesarini e con le spalle al muro. È difficile sapere se e chi ha ucciso la sinistra in Sicilia o quanto pesi. Certamente, lo stato di salute attuale è gravemente pregiudicato.

E ciò è aggravato dal fatto che il tutto ha risposto a logiche romane. Altro che Sicilia come laboratorio. Qui è in azione una fotocopiatrice. Anche nel centrodestra la grande famiglia riunitasi risponde direttamente a schemi nazionali. Ma almeno lo fa stavolta per sommarsi e non per spararsi sui piedi come stanno facendo il PD e lo schieramento, sedicente, a sinistra. Chi gioca a perdere, dicendosi di centrosinistra, non lavora certo per la povera gente, per gli indifesi, per i giovani che vanno via e non tornano più, neppure per votare. Uno potrebbe obiettare che pure in altre regioni il centrosinistra si divide.

Per esempio in Toscana alle regionali del 2015. Forse qualcuno pensa di vivere in Toscana. Dove la sinistra è andata per i fatti suoi e il PD ha vinto lo stesso. Solo che lì da solo ha più del 46 per cento, il presidente eletto prende il 48 e la sinistra arriva al 6 senza problemi. Qui se il PD e ciò che sta alla sua sinistra arrivano al 25 è festa grande. Si potrà pure affermare che la sinistra siciliana, pur perdente alle urne, ha dato molto alla società siciliana. E si possono ricordare cose di settant’anni fa. Che non interessano minimamente la Sicilia odierna.

Infine, questo stato di cose ci permette di fare un’ultima riflessione. Nella storia politica di questa regione ci si è trascinati la considerazione storica della democrazia bloccata, ossia il fatto che la sinistra non potesse andare al governo per decisioni prese altrove. Quello che sta succedendo nel centrosinistra in questa campagna elettorale è la prova provata che questo tipo di approccio è stato un alibi per un centrosinistra che, sin fino al 2017, nel momento in cui abbiamo davanti una democrazia sin troppo liquida, non ha la forza, la lungimiranza, la responsabilità di guardare non il proprio ombelico ma la situazione di questa regione. E la cosa che ancor più lascia basiti è che l’elettorato più politicizzato anche stavolta si è posizionato, da una parte e dall’altra, a difendere questo spappolamento. Che, a dirla tutta, assomiglia a un vero e proprio analfabetismo politico.

(Sotto il primo link, dal sito di Repubblica, indirizza a tutto il dibattito in corso, il secondo al mio articolo). 


Nessun commento:

Posta un commento