venerdì 10 novembre 2017

Cosa esce dalle urne del laboratorio Sicilia.

La Repubblica Palermo - 9 novembre 2017

Il capolavoro di autodistruzione realizzato dal centrosinistra siciliano

FRANCESCO PALAZZO

Ci sono diverse questioni che la tornata elettorale regionale solleva. Cominciamo dal centrosinistra. Si dice che unito non sarebbe stato comunque competitivo. Però, guardando i numeri, vediamo che i Cinque Stelle, non arrivando al 27 per cento come voto di lista, rispetto al 33 abbondante delle ultime politiche, sono stati della partita con il candidato alla presidenza. Non capiamo perché mai le liste del centrosinistra, totalizzanti quasi il 31 per cento, rispetto al 21,4 delle politiche, non avrebbero dovuto fare altrettanto. È vero che il centrosinistra, che come liste cinque anni fa alle regionali aveva il 37 per cento, perde sei punti per strada. Andati anche ai grillini. Che non sono riusciti a entusiasmare. Se ti presenti come forza anti sistema e non scaldi i motori della partecipazione vuol dire che ti muovi nello stesso stagno degli altri. E ciò al di là delle percentuali pentastellate, che però durano da Natale a Santo Stefano. Soprattutto se non governerai nulla per un'intera legislatura e con una coalizione vincente maggioritaria all'Ars. Per restare nel campo del centrosinistra, andato allegramente diviso alle urne, va detto che i due candidati a Palazzo d'Orleans prendono circa la stessa cifra che si aggiudicò nel 2001 il candidato sindaco a Palermo. Sembrò quello il punto più basso, si pensava insuperabile, in termini di raccolta del consenso. Non era così. Siccome quello era il periodo del 61 a 0, possiamo dire che rispetto a quel cappotto oggi il centrosinistra va ancora indietro. Ed in effetti è anche peggio, perché allora non c'era il terzo incomodo del polo grillino. Nel corso di un dibattito ospitato su questo giornale abbiamo scritto tanto, su input di Enrico del Mercato, sull'irrilevanza in questa terra del centrosinistra. Bene, mi pare che questo passaggio elettorale ci consegni un quadro ancora più fosco. Va rilevato che lo schieramento a sinistra del Pd, che voleva contarsi in Sicilia in vista delle politiche del 2018, esce malamente dalle urne. Rispetto alle regionali del 2012 non migliora il risultato e riesce a mandare un solo deputato all'Ars. Tanto rumore per nulla. Se si voleva minare a livello nazionale la figura di Renzi e mettere all'angolo il Pd, entrambe le mosse non sono riuscite. Anche chi all'interno dei democratici si oppone a Renzi capirà presto che senza la sua presenza il Pd non è competitivo, e i democratici stessi si sono confermati, pure in Sicilia, dove devono trovare dirigenti più rappresentativi e carismatici, la maggiore e insostituibile forza di qualsiasi schieramento di centrosinistra, vincente o perdente che sia. Dobbiamo notare un altro aspetto. La cosiddetta società civile è stata del tutto assente dal dibattito politico di queste regionali. Che hanno avuto un epicentro partitico. Quando penso ad altri momenti in cui ha brillato di luce propria, mi riferisco ad esempio alla candidatura nel 2006 della Borsellino, che raggiunse, pur perdendo, il 41,64, più del presidente eletto adesso. La Sicilia si conferma di centrodestra, che si riprende il suo. Da questo punto di vista chi riteneva, nelle fila dei democratici, di avere qualche anno fa portato scompiglio dentro il suo fortino sino a scioglierlo come neve al sole, deve fare una severa autocritica. Il centrodestra si è presentato a questo giro come chi non aveva mai avuto le leve del potere, mentre il centrosinistra, avendo governato per una sola legislatura, è riuscito a farsi percepire come il responsabile di tutto. Davvero un capolavoro.

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