venerdì 8 dicembre 2017

Mafia debole? Sino a un certo punto.

Repubblica Palermo - 6 dicembre 2017

Il rischio che la mafia ridiventi forte

Francesco Palazzo


Non è che forse stiamo facendo i conti troppo facilmente con questa mafia che sarebbe ormai disorientata e sguarnita? Una Cosa nostra, secondo quanto ci dicono taluni magistrati e storici, oramai retrocessa in serie B rispetto alla più potente e ricca mafia calabrese. Ammesso sia così, forse che non si possa risalire dalla serie cadetta e puntare nuovamente allo scudetto? Nel frattempo, noi facciamo solo analisi o ci muoviamo concretamente affinché la criminalità mafiosa vada ancora più giù nei gironi meno prestigiosi? Magari faremmo meglio a porci queste domande. Sì, è vero, li arrestano e li riarrestano. Ma la lotta alla mafia, a parte il fatto che i mafiosi pare trovino continuamente ricambi, può essere circoscritta al duello tra guardie e ladri mentre noi stiamo a guardare? Cosa vediamo, o dovremmo vedere, ce lo dicono le indagini. Va avanti, ad esempio, il pagamento quasi a tappeto del pizzo. Sì, c'è chi si ribella. Ma non dobbiamo avere virtù particolari per sapere che si tratta ancora, quasi nel 2018, dopo che la mafia ha attraversato tre secoli, di una sparuta minoranza. Del resto, ciascuno, ove già non pratichi direttamente la cosa versando l'obolo, nelle zone residenziali può vedere classe dirigente che paga il pizzo ai posteggiatori come se fosse la cosa più normale del mondo. Certo, siamo a 25 anni da Capaci e da Via D'Amelio, molto è cambiato. Ma possiamo limitarci a fare i notai della storia e della cronaca o dobbiamo chiederci se pratichiamo analisi e punti di vista obsoleti? Del resto, quella stagione stragista rimane un'anomalia circoscritta in una storia della mafia che è andata sempre a braccetto col potere e con la società. Possiamo tranquillamente ritenere che ci sia, mettiamoci d'accordo sull'entità, una presenza della mafia siciliana che tocca la grande finanza, le attività commerciali legali ma derivanti da soldi sporchi e i reati più tradizionali come lo spaccio di droga e il citato pizzo. Dobbiamo prendere atto che nei quartieri, sia periferici, dove non mi pare si respiri aria di liberazione, tutt'altro, sia centrali, dove il racket ha gioco facile, ci sia materiale per fare analisi meno trionfalistiche. E talvolta anche tradizionalmente fuorvianti. Si ha infatti l'impressione che sotto sotto si sposi la sensazione che mafia che non spara equivalga a mafia debole. Un già visto pericoloso. Peraltro, anche nell'associazionismo e nella politica si può registrare un generale abbassamento di attenzione. Che ha pure prodotto la crisi, con scandali al seguito, dell'antimafia. Insomma, probabilmente, nel dirci che i tempi sono cambiati, ed è vero ma solo in parte, ci siamo un po' distratti. E ce la raccontiamo come se ci trovassimo in un'altra epoca davvero, con una Sicilia libera e una criminalità organizzata morente e pronta per il funerale. Siamo sicuri sia così? Recentemente abbiamo discettato su chi sarà il nuovo capo dei capi. Quasi si trattasse di una fatale necessità. Come se la mafia fosse assimilabile al Monte Pellegrino o all'Etna, perpetuamente presenti alla nostra vista. Se ancora la mafia siciliana lotta e vive insieme a noi, ed è sopravvissuta a tutti i suoi capi, dobbiamo chiederci, guardando al passato e al presente di ciascuno, cosa non abbiamo fatto e non facciamo per farla sparire completamente dai giorni della nostra storia. Dobbiamo ammettere che ci sono, oggi, non trenta o cinquant'anni fa, segmenti non trascurabili di borghesia e ceti popolari, sui quali c'è in giro sull'argomento molto buonismo, che lucidamente ritengono la mafia un prezzo che è ancora possibile pagare. Dovremmo costruire democrazia, sicurezza, promozione, sviluppo, economia sana, vivibilità e tocca a tutti, nel quotidiano, farlo. La lotta alla mafia passa da queste stazioni. Altrimenti sarà sempre una partita che non giocheremo bene. O solo da spettatori. Che assistono, come se la cosa non li riguardi più di tanto perché ormai è finita, ma finita non è, all'eterna lotta tra magistrati e forze dell'ordine da un lato e criminali dall'altro.

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