venerdì 9 marzo 2018

Il senso della Sicilia per i plebisciti.

La Repubblica Palermo
9 marzo 2018
Quel plebiscito che puzza di vecchi vizi
Francesco Palazzo

Ma davvero i siciliani, e con loro moltissimi elettori dell’Italia meridionale, hanno svoltato rispetto al passato tributando il plebiscito al Movimento 5 S
telle? La Sicilia, confermandosi laboratorio ed essendo addestrata ai plebisciti, ha come al solito esagerato facendo esondare il consenso. Sia chiaro, gli elettori hanno, come da manuale, sempre ragione. Rimane, però, qualche dubbio. C’è solo il grido di dolore e quindi di rivolta verso una politica che li ha esclusi, dietro il fiume di consenso pentastellato uscito dalle urne sicule? Può anche essere, per carità. Ma se teniamo conto che la politica non è da una parte il tiranno e dall’altra i sudditi, almeno in democrazia dovrebbe funzionare così, forse si può avanzare qualche altro punto di domanda. Chi attribuisce plebisciti considera la politica come palestra di cittadinanza in cui spendersi o ancora di salvezza che deve mutare non tanto la sostanza ma soltanto la forma della propria esistenza? E, ancora. davvero questo Mezzogiorno e questa regione, in particolare, sono stati dimenticati da tutti? Dai miliardi che sono arrivati dal dopoguerra a oggi non parrebbe. Ma allora questo piagnisteo continuo, che va cercando sempre nuovi plebisciti per non tramutarsi mai in azioni fattive e virtuose dei siciliani, cos’è? Prendiamo il reddito di cittadinanza fatto intravedere dai 5 Stelle. Gli esperti, a urne chiuse, affermano che sarà arduo da realizzare, almeno nel giro di breve tempo. Ma intanto già patronati ricevono richieste. In verità lo si sapeva pure nei mesi precedenti. Ma non è questo che alla fine conta.
Perché chi attribuisce il voto plebiscitario non vuole fatti possibili o immediatamente riscontrabili, pretende sogni. E sogni personali. Da abbracciare come il cuscino la notte.
Diciamo familiari. Non c’è nulla di male nel volere migliorare la propria vita. Partiti e istituzioni devono guardare il particolare. Ma questo progresso atteso dai plebisciti guarda al noi, al collettivo? Oppure è un rapporto tra i tanti io che tengono famiglia e il potere? Con i primi sempre deresponsabilizzati e “mischini”, per definizione, e i secondi che devono salvare tutti.
Forse che dietro il plebiscito siciliano, sempre penultimo sino a quando questa terra non si sarà sviluppata per davvero, ci sono concetti quali meritocrazia, infrastrutture migliori, interventi concreti che migliorino la vita di tutti e quindi anche delle famiglie? Il reddito di cittadinanza cosa vi sembra? Una cosa nuova per la Sicilia? Nella nostra terra, l’interminabile flusso di precariato assistito è qualcosa di diverso dal reddito che prescinde dal lavoro? La vera svolta sarà quando i siciliani voteranno, in lieve maggioranza, perché in quel caso sarà difficile attendersi plebisciti, qualcuno che gli dirà di rimboccarsi le maniche e uscire definitivamente dall’assistenzialismo. La domanda allora è la seguente. Questo plebiscito è una lotta contro il vecchio potere clientelare per approdare a un rapporto più maturo e responsabile con la politica o è la sostituzione di una santa con un’altra che può garantire alla luce del sole quanto sinora ottenuto per altre vie?
Si vuole la stessa politica ma si sale su un treno più nuovo? Domande. Il presente dietro la porta e il non lontano futuro ci daranno qualche risposta.

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